Le Voci dalla luna raccontano di una famiglia trasparente come un vetro scheggiato. Si vede tutto e da Richie, il figlio più piccolo, a Joan, la madre più lontana, la sincerità è regalata, quasi ovvia, come se nessuno avesse più nulla da nascondere. Per comprendere il quadro bisogna però seguire le fratture e sbirciare nelle crepe che separano gli uni dagli altri o negli esili frammenti che ancora li tengono uniti. E’ quando Richie scopre che suo padre Greg vuole sposare Brenda, già moglie di suo fratello maggiore, Larry che il traballante ecosistema della famiglia Stowe si mostra in tutta la sua umana, troppo umana fallibilità. Richie, che è un ragazzino fedele e devoto e vorrebbe trovare spazio alla sua vocazione, confessa a padre Oberti il suo disagio ed è lì che affiorano le prime parole importanti di Voci dalla luna, perché il prete gli risponde: “Pensa all’amore. Loro sono due persone che si amano, ed è faticoso per loro come lo è per gli altri. E anche se è sbagliato, è lo stesso amore”. C’è tutto il romanzo di Andre Dubus in questa frase perché come scriveva Peter Orner nella postfazione, Voci dalla luna “è una meditazione appassionata sulla natura della fede e dell’amore”. Da sempre argomenti complicati e infiniti, e sembra proprio Richie l’unico a viverli con la giusta sensibilità e anche con quel necessario filo di poesia. Greg, Larry e tutti gli altri vorrebbero avere ancora la sua età, nonostante la birra e la pancia e come nota Andre Dubus attraverso i pensieri della madre “Dio mio, c’era qualcosa in questo essere ragazzi che la vita domestica e la civiltà stessa non riuscivano a toccare, e spesso potevano diventare pazzi o esasperanti, ma quando perdevano questa componente, i ragazzi come gli uomini, erano spenti”. Scrittore tormentato e raffinatissimo, Andre Dubus usa le frasi come strisce di nastri adesivo per fissare momenti di tempo che distingue soprattutto con rumori e silenzi: una porta che sbatte, la sirena di una fabbrica, il raschiare del vento, l’assenza improvvisa delle parole in una discussione. I suoni, le Voci dalla luna, tracciano confini, tra padre e figlio, tra marito e moglie, tra amante e amanti. I silenzi sono infiniti, le persone complicate perché lottano contro se stesse. Soltanto Joan, la madre di Richie, l’ex moglie di Greg, riesce a coltivare scampoli di una giusta serenità: infatti rimane sola, con le spalle verso la notte, ad ascoltare “Billie Holiday ed Ella Fitzgerald, Brubeck ed Ellington e Charlie Parker ed Ella Fitzgerald, John Coltrane e Sarah Vaughan”. Ben altri suoni, che assapora mentre modella “la propria tristezza in qualcosa di forte e bello”. Ci sta che, alla fine, è anche la più saggia quando spiega a Larry che “il nostro compito non è vivere grandi vite, il nostro compito è capire e portare avanti le vite che abbiamo”. L’altro ordine, quello di Andre Dubus, è indirizzato agli scrittori e ai lettori: “Non bisogna vendere, non bisogna battersi per un manoscritto. L’unico debito che abbiamo è verso noi stessi e verso quelle storie che ci parlano da quel luogo in cui si trovavano fino a che noi non le abbiamo scritte”. Da leggere e rileggere, spesso, meglio se in una notte d’estate (le Voci della luna si sentono di più).
martedì 17 maggio 2011
Andre Dubus
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