mercoledì 23 marzo 2011

James Sallis

John Turner è costretto, suo malgrado, a tornare per le strade e nella notte a Memphis alla caccia di un fuggitivo e di un quarto di milione di dollari. L’evento, insieme all’arrivo di Val, una ragazza che s’insinua nelle solitarie abitudini di Turner, mette a soqquadro per l’ennesima volta la sua vita. Da quel momento in poi i killer di mezza America firmano contratti in suo nome perché “và un po’ a saperlo. Il maglio ci pende sul capo, mentre andiamo avanti con le nostre piccole cose, pagare le bollette, pulire l'acquaio, cambiare le corde al banjo, scordarsi di dire a chi ci sta accanto quanto gli (o le) vogliamo bene”. Forse per James Sallis la scrittura e la narrazione sono come gli strumenti musicali per Turner, i suoi amici che suonano le canzoni della Carter Family, ovvero “attrezzi, come le vanghe o le padelle. Un qualcosa che ti aiutava a tirare avanti”. E’ quasi palpabile, in questo romanzo più che in ogni altra occasione (forse con l'eccezione Drive), il lavoro grezzo e nello stesso tempo raffinatissimo di James Sallis. Scene tagliate con l’accetta, andando alla sostanza dell’azione, senza perdere tempo in dettagli insignificanti o accenti marginali e personaggi che si muovono tra le pagine come se fossero creature indipendenti dalla trama dell'autore e dai desideri del lettore, primo fra tutti un Turner più esistenzialista che mai, che fa così il punto della situazione: “Di nuovo nel mondo, così strano e familiare allo stesso tempo. Questa era la mia vita. Nessuna lungimiranza né epifania a trapelare dalle assi del pavimento, colonna sonora dei miei giorni vuoti, escluso il ronzio dei ricordi che non smettono di tornare. E l’unico desiderio, per rimettere tutto a posto, sono i tre accordi di una canzone di Hank Williams”. Le tre note di Alone & Forsaken (per quanto non citata, è la principale candidata da quello straordinario songbook) comprendono “in breve: una vecchia casupola di legno che avevo tutte le intenzioni di sistemare, un lavoro in cui mi ero ficcato quasi per sbaglio, un mucchietto di amicizie altrettanto casuali”. Non è un mistero che la musica popolare americana, in particolare le sue radici, sia una componente essenziale delle atmosfere amate da James Sallis, qui tra l’altro esplicita fin dall’epigrafe iniziale presa in prestito dal banjo di Charlie Poole. Poi visto che il blues di Memphis (comprensivo, oltre a quello di Hank Williams, anche del fantasma di Elvis, che tra l’altro gioca in casa) è decisamente una medicina amara da mandare giù, va detto che è anche uno splendido romanzo a tutto tondo che racconta l’amarezza di perdere piccole gioie e grandi bellezze della vita. A maggior ragione quando il caos incombe e/o precipita senza preavviso e senza pietà nella vita di tutti i giorni: è allora che l’ammonimento infilato da James Sallis nei primi passi sulla strada per Memphis diventa utile: “Trova la tua strada, studia la tua rotta”. Per mantenere la direzione non ci vuole molto, ma la musica e la letteratura sono in cima alla lista.

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