venerdì 16 luglio 2010

Douglas Coupland

Douglas Coupland ha avuto la fortuna a doppio taglio di indovinare o, meglio, di percepire l’umore vago e plumbeo di una generazione assolutamente indefinibile e di fargli trovare posto in un libro un po’ strano e molto interessante, Generazione X. Sorta di diario di bordo esistenziale di una gioventù senza tempeste, ma anche senza pace, Generazione X ha colto nel segno diventando in rapida successione un archetipo, uno slogan e persino un modo di dire. Merito dell’abilità narrativa di Douglas Coupland che allora si limitava ad un rapido e furbesco assemblare per immagini che poi ha cercato di evitare. Un cliché, a suo modo, che, come il successo di Generazione X, rischiava di imprigionarlo nei confini di autore generazionale o giovanile. Questa, almeno, era l’impressione che emergeva da Generazione Shampoo (che già nel titolo tentava di ripetere l’exploit di Generazione X) e successivi ma che poi Douglas Coupland ha saputo fugare con La vita dopo Dio e soprattutto con Microservi. Se il primo era una raccolta di frammenti non privi di una loro dignità, Microservi rappresenta un tentativo parzialmente riuscito ma avvincente, di accostarsi al romanzo in forma più tradizionale. La trama è abbastanza semplice, ma coerente: in fuga dal paradiso impiegatizio della Microsoft, dove tutto, in apparenza, è troppo perfetto, un gruppo di amici si trasferisce in California, dove sceglie di mettersi in proprio. Sono tutti operatori informatici e vicende sentimentali, familiari e professionali si intersecano in continuazione fino a un finale amaro ma decisamente in linea con la storia. Di più c’è il salto di qualità di Douglas Coupland: in Microservi ci sono personaggi, caratteri, personalità. C’è un continuo richiamo ai nodi focali della vicenda (gli affetti, il lavoro), come se si volessero continuamente precisarne i contorni. Tanto che, a tratti, Microservi sembra una sceneggiatura fin troppo particolareggiata. Invece è veramente un bel romanzo a cui manca ancora qualcosa: Douglas Coupland potrebbe lasciar perdere certi rimasugli minimalisti, non dovrebbe aveve paura di affrontare temi mitici (il viaggio da Seattle alla California è liquidato senza colpo ferire, mentre avrebbe più di un simbolo da offrire alla storia) e tipicamente americani (anche se qualche apprensione è comprensibile, visto che è nato in Germania e vive in Canada) e sarebbe un ottimo scrittore, quello che, a tratti, e senza indecisioni, emerge davvero in Microservi.

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