giovedì 24 dicembre 2020

Ted Gioia

In uno dei passaggi più complessi nell’evoluzione del Delta Blues, per spiegarne le origini, Ted Gioia lascia opportunamente la parola a John Lee Hooker: “Io lo so perché i migliori bluesman vengono dal Mississippi. Perché è lo stato peggiore. Chi sta laggiù nel Mississippi ha il blues dentro per forza”. È un riconoscimento importante, perché il lavoro di Ted Gioia ha il pregio di offrire una visione completa del Delta Blues che si snoda nell’intersezione tra due secoli, e in un contesto storico in profonda evoluzione. Ecco, quest’attenzione è fondamentale nell’identificare le condizioni in cui si è sviluppato il blues, che dipesero “in larga misura, è lecito pensarlo, dalla pervasività della visione del mondo che avevano i neri e dal loro relativo isolamento dalle consuetudini della vita cittadina”. Giusto un secolo fa, Mamie Smith incideva Crazy Blues, considerato un momento di svolta anche da Ted Gioia, essendo il blues, sì, come diceva W.C. Handy, “una musica nata dalla terra”, ma destinata comunque a trovarsi un mercato. Nella ricostruzione dei rapporti, del tessuto economico e sociale, Ted Gioia è puntuale nel raccontare alti (pochi) e bassi (molti) nei rapporti con l’industria discografica, ricordando come “il musicista americano di blues, al contrario, ha sviluppato una musica di espressione personale, riflettendo spesso una mancanza di legame con la maggior parte della società, evocando atmosfere di alienazione e anomia. Fu la schiavitù a creare questa terribile divisione. La schiavitù distrusse in larga parte il tessuto sociale, i valori e i modi comuni, le continuità storiche che aveva reso possibile l’arte del griot. Da molti punti di vista il blues è stato una risposta a questa deprivazione”. Ted Gioia illustra anche l’importanza del lavoro di ricercatori e appassionati nel creare l’aura di mistero e fascino cresciuta attorno al Delta Blues: dal seminale The Country Blues di Samuel Charters al lavoro di John e Alan Lomax, dalla leggendaria ricerca di Mack McCormick fino a John Fahey, a furia di cercare un mito l’hanno creato, come se l’assenza fosse più determinante della realtà. In effetti, quello del Delta Blues è un mondo di ombre, perché “i pionieri del blues hanno esplorato territori musicali ancora sconosciuti, e anzi nemmeno immaginati, dai sinfonisti. Come pittori dalla tavolozze magiche contenenti sfumature dello spettro fino ad allora sconosciute, questi umili musicisti, disprezzati per classe e razza, offrirono ai loro contemporanei un vivido mondo di nuovi timbri, vibranti di scontri e dissonanze, urla e lamenti, una musica che si adattava perfettamente a fare da sfondo alla vita moderna americana, con la sua cacofonia sociale di superficie e la sua profonda anomia, i suoi drammatici contrasti e la sua ritrovata volontà di riflettere su se stessa”. Al centro di Delta Blues, c’è ovviamente Robert Johnson, il primo fra i fantasmi americani, ma anche il più sfuggente, con cui Ted Gioia rispolvera dubbi, diatribe e contrasti nati attorno alle leggende che proliferano quando “il prodigio cattura la nostra immaginazione”. Nello stesso tempo documenta l’evoluzione concreta di vite e carriere di Son House, Kid Bailey, Honeyboy Edwards, Peetie Wheatstraw, Mississippi Sheiks, Big Joe Williams, Johnny Shines, Ma Rainey, Bessie Smith, Tommy Johnson, Charley Patton, Willie Brown, Kokomo Arnold, Tommy McLennan, Robert Nighthawk, Sunnyland Slim o Little Walter. Il tono è preciso e accurato, a rischio di apparire didascalico, ma è fin troppo evidente che Ted Gioia ci tiene a spiegare a fondo, e con precisione, la natura del blues, che non è così semplice. Di sicuro è un valido strumento sia per approfondire e/o ripassare, sia per i neofiti che qui trovano una guida perfetta per inoltrarsi dal Delta Blues  fino al passaggio verso le città, Chicago in primis, sull’onda della grande migrazione raccontata da Isabel Wilkerson con protagonisti Muddy Waters, Jimmy Reed, Howlin’ Wolf e la riscoperta di bluesman come Mississippi John Hurt, Fred McDowell e Bukka White nonché il revival che, tra gli altri, porta Skip James a Newport nel 1964, e da lì poi Ted Gioia arriva fino ai nostri giorni con la Fat Possum e i North Mississippi All Stars. Ottimo e abbondante.

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