Le poesie raccolta
in A vela, in solitaria, intorno alla stanza sono formate da istantanee, piccoli frammenti di vita
domestica, spicciole osservazioni metereologiche, tutto un diario quotidiano in
cui di Billy Collins va cercando “modi più semplici per costruire senso, la
conoscenza dei gesti, per esempio”. Nel calendario che annota trovano posto
brevi constatazioni di fuggevoli stati d’animo, come succede in Giorni: “sussurri, poi trattenendo il fiato,
metti questa tazza sul piattino di ieri, senza il minimo tintinnio”. Oppure
caustiche riflessioni sullo scorrere del tempo, che hanno uno zenith in Compiendo dieci anni: “Mi sembra solo ieri che credevo che
sotto la pelle non ci fosse altro che luce. Se mi tagliavi non potevo che
splendere. Ma ora quando cado sui marciapiedi della vita, mi pelo le ginocchia.
Sanguino”. Il linguaggio è sempre sciolto, brillante, immediato senza essere
banale e se la sua praticità, ben dimostrata nel suo pellegrinaggio A vela,
in solitaria, intorno alla stanza ha solleticato più di un parere urticante, tra chi vorrebbe sempre la
poesia in alto, magari in un tabernacolo, Billy Collins non sembra essersela
presa più del tanto. Considerando
la sua vocazione come quella di “un amanuense non pagato ma soddisfatto”, in
effetti Billy Collins qualche detrattore l’ha trovato sulla sua rotta e, non di
meno, è rimasto convinto che “una poesia accessibile ha un’entrata chiara, una
porta d’ingresso attraverso la quale il lettore può passare al corpo della
poesia la cui accessibilità complessiva, e cioè la disponibilità di
significato, è da vedere in seguito e può notevolmente cambiare”. Forse per
interpretare A vela, in solitaria, intorno alla stanza è più sensato passare da Sonny Rollins,
Art Blakey e Thelonoius Monk. Certe divagazioni, molte variazioni, parecchie
diversioni si nutrono più di principi ritmici jazzistici che letterari, così
come sembra confermare lo stesso Billy Collins in Nightclub: “Siamo tutti così pazzi, così comincia il
mio lungo assolo bebop, così terribilmente pazzi che siamo diventati bellissimi
senza neppure saperlo”. Billy Collins sembra persino defilarsi quando dice:
“Cerco parole per trarmi d’impaccio” e allora se serve un parere autorevole,
dovrebbe bastare quello di Charles Simić: “Il mai-visto-prima, il mai-sentito-prima
è ciò a cui aspirano i poeti del tuo tipo. Essi si affidano al loro senso del
comico per difendersi da una retorica d’accatto. Per quel che li riguarda, è
meglio sentirsi accusare di fare i buffoni o i matti che non avere la taccia di
pappagalli e indossare il costume di qualche antiquata moda letteraria”. Nella
sua essenzialità la definizione di Charles Simić è fin troppo precisa. In fondo
un’idea di Purezza la
svela lo stesso Billy Collins nella scia di A vela, in solitaria, intorno
alla stanza ed è la
miglior definizione possibile della sua esperienza: “Sono la concentrazione in
persona: esisto in un universo dove non c’è altro che sesso, morte, scrittura”.
Più chiaro di così.
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