giovedì 28 marzo 2013

William Langewiesche

La notte del 31 ottobre 1999 il volo EgyptAir 990 da New York per Il Cairo scomparve nei cieli dell’Atlantico. Nessun allarme, nessun segnale di soccorso, nessun avviso, solo un traccia che nel giro di pochi minuti sparisce dagli schermi dei radar americani. Le torri di controllo, civili e militari, non ottengono risposta e così gli altri velivoli che transitano nell’area e che provano a contattarlo. Almeno fino a quando l’equipaggio di un rimorchiatore della marina mercantile non nota i primi rottami affiorare sulla superficie dell’oceano insieme al terrificante puzzo di cherosene che rende irrespirabile l’aria e conferma che il Boeing 767 con 217 persone a bordo è precipitato. Una prima analisi dei tracciati e delle comunicazioni non offre alcuna spiegazione logica. Una volta recuperato il registratore dei dati di volo alias la cosiddetta scatola nera agli investigatori, americani ed egiziani, si presenta una situazione enigmatica. Non c’è evidenza di un dirottamento, di un attentato esplosivo o di una collisione. Le registrazioni dicono che il primo pilota aggiunto (visto la lunghezza del volo, la EgyptAir imbarca sembre due team) è rimasto solo nella cabina e ha sviluppato una serie di manovre in antitesi con l’idea stessa del volo e, per un lasso non irrilevante di tempo, persino con i comandi del comandante rientrato al suo posto. Non solo, mentre il Boeing 767 precipitava alla velocità del suono, se ne restava calmo e lucido a mormorare, in arabo, una frase monca e criptica. Tutta la storia è avvolta in un’aura misteriosa che ancora oggi offre terreno fertile per dozzine di interpretazioni fantasiose, che vanno dall’allineamento dei pianeti agli immancabili alieni. William Langewiesche, che è stato a sua volta pilota, per cercare di comprendere Lo schianto dell’EgyptAir 990 parte da una constatazione che può sembrare ovvia e banale, ovvero che “in sostanza gli aeroplani sono apparecchi piuttosto semplici, nient’altro che oggetti con le ali studiati in modo da reggersi in aria: progettati per volare, ed è proprio ciò che fanno”. Sono gli esseri umani la parte più complicata e infatti la sua ricostruzione, fatta con una chiarezza disarmante anche quando si tratta di spiegare particolari tecnici non proprio elementari, tocca in modo sensibile l’aspetto dei rapporti tra investigatori americani ed egiziani e le rispettive autorità nazionali. Un serrato confronto tra culture, esigenze (politiche ed economiche), procedure molto diverse eppure condannate a convivere nel nome di una solida e strategica alleanza. Il disastro aereo diventa per William Langewiesche l’occasione convogliare l’attenzione “sulle difficoltà che noi, gli Stati Uniti, con la nostra peculiare forma di governo, incontriamo nel nostro muoverci per il mondo, sul modo con cui affrontiamo la possibilità che altri paesi abbiano agende politiche del tutto diverse dalla nostra, o che cerchino di manipolarci”. Notevole anche la verve per il racconto che va di pari passo con l’accuratezza dell’analisi, molto razionale, molto precisa.

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