Canada significa la frontiera, il confine, una linea che,
una volta superata, non concede un’altra chance. Il varco prevede una sola
direzione perché in Canada “fare
le cose per i giusti motivi” è la legge non scritta che regola il giorno e la
notte. Dell Parsons, quindici anni, una vocazione per la logica e per gli
schemi che si legge nelle sue passioni per gli scacchi e per le api, arriva in Canada dopo aver visto la sua famiglia disgregarsi: Bev,
suo padre e Neeva, la madre sono finiti in carcere per una goffa rapina a mano
armata e la gemella, Berner, è fuggita. “Le cose accadono quando le persone non
stanno al loro posto, e il mondo va avanti e indietro in base a questo
principio” scrive Richard Ford e a Great Falls, Montana, un luogo sperduto il
cui nome permette con una certa facilità di sentirsi “in mezzo” al nulla, Dell
Parsons si ritrova nella parte sbagliata della vita, come in “un miracolo alla
rovescia”. Senza alcun motivo apparente, il suo piccolo e traballante ordine
infantile è scomparso. Si accorge che quello dei genitori, e per estensione
degli adulti, “sembrava lo stesso mondo perché lo condividevano, e perché
c’eravamo anche noi. Ma non era lo stesso” e al momento del brusco risveglio è
già nella prateria del Saskatchewan dove “per
capire dov’eri dovevi guardare il cammino del sole; questo, e ciò che tu
personalmente sapevi del luogo: una strada, una staccionata, la direzione
regolare da cui veniva il vento. Si aveva l’impressione, quando le colline
scomparvero dietro di noi, che non fosse più possibile trovare un punto
centrale rispetto al quale altri punti potessero fare riferimento. Lì una
persona poteva smarrirsi facilmente o anche impazzire, perché era sempre
in mezzo, ovunque si trovasse”. Il
paesaggio, che nei romanzi di Richard Ford è fondamentale, in Canada è quasi una pellicola su cui vengono impresse la
solitudine e la forza di Dell Parsons e i contorni sfocati di persone che
“fuggivano dal passato, che non si voltavano indietro se potevano farne a meno,
e la cui vita era sempre in qualche modo qualcosa di imminente”. Quel senso di
immobilità e quella luce gelida nei quadri di Edward Hopper: più limpido, senza
per questo essere meno appassionato, (sempre) molto dettagliato e preciso, è
come se Richard Ford avesse voluto ripulire una storia che si è sporcata per un
caso fortuito, per un capriccio del destino. Ai personaggi di Canada, a partire proprio da Dell, concede un sacco di
porte aperte (l’epilogo le riassume quasi tutte), preludio a qualcosa che
somiglia alla maturità e alla compassione, ma non per questo la possibilità di
tornare indietro e invertire la direzione perché i fatti “non sono quelli che
inventi”. Dall’angoscia di una visita in carcere al timore in una baracca
maleodorante e piena di spifferi, Canada ha un luogo per ogni stato d’animo e i passaggi, obbligatori e a senso
unico, non sono solo tasselli importanti di un (bellissimo) romanzo, ma anche
“qualcosa, insieme, di astratto e finito”. Qualcosa che somiglia alla vita.
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