martedì 20 novembre 2012

Mark Bowden

La ricostruzione della cattura di Osama bin Laden è pratica, funzionale, schematica, come se Mark Bowden stesse facendo tutto il possibile per spianare le pieghe di un evento storico complesso e pieno di segreti. Tutte le coordinate vengono rese intellegibili anche a costo di ripetere e di ripetersi, usufruendo di uno stile a tratti elementare nella sua schematicità, fatto di frasi brevi, sintetiche, scandite in modo preciso. La cattura diventa così un interessante esperimento in cui un evento storico viene collocato in un contesto non lontano dalla fiction: pur inanellando tutta una serie di problematiche che vanno dalle personalità di Barack Obama e George Bush, dalle funzioni dei consiglieri di stato alle catene di comando dell’esercito degli Stati Uniti, il racconto di Mark Bowden è avvincente e scorrevole. La cattura comincia, come è inevitabile, nei giorni successivi all’11 settembre 2001 e termina dieci anni dopo quando Osama bin Laden, nome in codice Geronimo, viene dichiarato “enemy killed in action”, definizione ufficiale con cui si conclude una lunga caccia all’uomo, vivo o morto (come poi finirà). Prendendolo per quello che è, la sintesi e la semplificazione di una sequenza di momenti storici molto complessa, La cattura riesce senza alcun dubbio a mantenersi in equilibrio sul fragile filo sospeso tra l’intrattenimento e l’approfondimento, operazione abbastanza consueta ai nostri giorni. A differenza di tanti mestieranti che finiscono per confondere in modo irrimediabile i due aspetti, Mark Bowden lo fa con quel tanto di stile e di accuratezza, almeno per quanto riguarda la scrittura, da risultare adeguato e convincente. Quello che non convince sono alcuni passaggi fondamentali su cui si basa La cattura: Mark Bowden sorvola spesso su molte questioni, lasciandole in sospeso, irrisolte e nascoste negli angoli bui di misteri e segreti di stato. Sulla natura stessa di Al Qaeda, rifornita (se non proprio organizzata) dagli aiuti americani per combattere l’invasione sovietica dell’Afghanistan, spende poche parole. Sull’operato dell’amministrazione Bush, prima e dopo l’11 settembre 2001 vengono tralasciati molti punti oscuri e d’accordo che “Bush era nato in una famiglia abituata all’esercizio del potere e, all’epoca degli attentati, era del tutto pronto a giocare in questo ruolo”, ma a promuoverlo sul piano dell’intelligenza ormai è rimasto soltanto lui. Ci sono molti aspetti non chiariti su tutta l’operazione e parecchi punti critici che Mark Bowden appena sfiora. Quello che non dice sembra bilanciare molte rivelazioni, a partire dal fatto che la missione era cominciata con un altro incidente ovvero un elicottero in avaria che è andato a schiantarsi nel compound di Osama bin Laden. Lo spettro di Black Hawk Down e di altri fallimenti, come l’operazione Desert One (il tentativo di liberare gli ostaggi trattenuti in Iran di cui ha scritto in Teheran 1979) sono ancora vivissimi nell’immaginario americano e ricordarli rendono onesta La cattura e, en passant, anche i suoi evidenti limiti. 

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