martedì 7 febbraio 2012

Gary Snyder

Nel mondo selvaggio di Gary Snyder, un grande visionario, descrive e illustra quello che chiama “il galateo della libertà”. Una definizione raffinata per introdurre una concezione dell’uomo e del suo posto nell’universo: una disposizione immaginata attraverso il racconto, perché “le narrazioni sono un tipo di traccia che noi esseri umani lasciamo nel mondo. Tutte le nostre letterature sono avanzi”, e una riflessione filosofica che ne è diretta conseguenza. Secondo Gary Snyder “per essere veramente liberi dobbiamo accettare le condizioni fondamentali della nostra esistenza così come sono: dolorose, instabili, aperte, imperfette; ed essere grati della libertà che l’instabilità ci dona” e Nel mondo selvaggio elenca una dopo l’altra tutte le variazioni possibili che mettono l’uomo nella condizione di scegliere il posto dove stare e soprattutto come starci. Quel luogo è il mondo e non potrebbe essere diversamente come perché dice Gary Snyder “il mondo è natura e, a lungo andare, inevitabilmente selvaggio, perché il selvaggio, in quanto processo ed essenza della natura, è l’ordine dell’instabilità”. E’ proprio Nel mondo selvaggio, in quella che Gary Snyder chiama “la grammatica della natura” che va cercata l’esatta dimensione della presenza umana perché “il nostro luogo fa parte della nostra identità” ed è proprio lì, into the wild, che la “wilderness richiama il caos, l’eros, l’ignoto, il tabù, l’ambito a cui appartengono sia l’estasi sia il demoniaco. In entrambi i sensi è un luogo di potere archetipico, di apprendimento e di sfida”. L’ecologia ovvero la filosofia di Gary Snyder è tutta dentro l’appartenenza all’unicità di un mondo che è anche un tempo presente limitato (“Ogni danza e la sua musica appartengono a un tempo e ad un luogo. Possono essere prese in prestito altrove o in un’epoca successiva, ma non sarà mai più il loro momento. Quando questi boccioli culturali sono sfioriti diventano una curiosità etnica o nostalgica, ma non sono mai più pienamente presenti, non manifestano più la rete dei loro rapporti e significati originari”) con cui è indispensabile confrontarsi perché “la natura non è un luogo da visitare, è casa nostra”. Nel mondo selvaggio si regge proprio su questa definizione che insieme apre e disegna i confini tra due mondi, quello della wilderness e quello degli esseri umani, che si definiscono a vicenda. Con una differenza sostanziale, visto che l’homo sapiens ha la responsabilità di comprendere e di conoscere. Come scriveva un nobile antesignano di Gary Snyder, Ralph Waldo Emerson: “Per la mente ottusa tutta la natura è grigia. Per la mente illuminata il mondo intero arde e scintilla di luce”. E’ proprio quello che succede Nel mondo selvaggio: si aprono le porte a una percezione che è primordiale ed evoluta nello stesso modo, e in cui non mancano sorprese, dato che Gary Snyder sostiene che: “occorra risalire ancora più indietro: al mais, alla renna, alla zucca, alla patata dolce. E alle loro canzoni”. Certe radici si trovano solo così.

Nessun commento:

Posta un commento