Grace Paley è stata un caso unico nella letteratura americana. I suoi racconti e le sue poesie hanno il suono cristallino e disordinato della chitarra del giovane Dylan e una capacità di incidere nella pagina con tagli secchi, netti e precisi e senza un filo di retorica, nemmeno per sbaglio. Pagine in apparenza rarefatte e scarnificate eppure quanto mai dense: la scrittura raffinata, le parole tagliate come diamanti grezzi, non una sprecata, spiccano sempre, senza esitazioni. Ma è la voce è nitida, distinta, accorata, come se venisse dalla stanza accanto, una porta lasciata aperta, o emergesse da una lettera confidenziale giunta all’improvviso. Una voce amica destinata a restare e a essere condivisa, che nasce a vive il suo essere americano in modo chiaro e forte come diceva la stessa Grace Paley: “Sono un’americana. Non provo orgoglio patriottico né nulla del genere, ma d’altra parte sono molto interessata a questo paese. Mi interessa la sua storia, e sento che contiene alcune idee di valore che hanno cambiato la vita a tanta gente. Penso ai miei genitori e a tutti gli altri emigranti che sono arrivati qui: sono arrivati per una ragione, e in un modo o nell’altro sono stati soddisfatti”. In Fedeltà, le differenze tra racconto e poesia sono molto sfumate e le distanze tra uno e l’altra sono ridotte a un nulla, come se i due linguaggi fossero intercambiabili. “A scuola studiavo poesia, ecco come ho imparato a scrivere. Scrivo racconti in questo modo perché prima scrivevo poesie” dice ancora Grace Paley e ogni pagina è un’istantanea dai contorni limpidi, un fotogramma inciso nel paesaggio di New York, la registrazione furtiva di un dialogo tra sconosciuti, un appunto sulle stagioni tra la vita e la morte. Se la trama è impalpabile, poco importa perché la risoluta e combattiva Grace Paley aveva un’idea solida e concreta di come si racconta una storia: “Tutti dicono che i miei racconti non hanno trama, e questa cosa mi manda fuori di testa. La trama non è niente; la trama è solamente tempo, una linea temporale. Tutte le nostre storie hanno una linea temporale. Una cosa succede, poi ne succede un’altra”. In Fedeltà, un esempio illuminante è Ho incontrato una donna in aereo, una short story di un centinaio di parole illuminante: c’è tutto nel breve e concentrato spazio di due pagine scarse. Le parole appartengono a una lingua metodica e melodiosa a cui bastano poche frasi per delineare tutta la storia e la grazia della scrittura di Grace Paley è indiscutibile come se avesse riportato all’essenza della letteratura, ovvero quella letteratura che “non nasce da ciò che sappiamo, ma da ciò che non sappiamo. Ciò che ci incuriosisce. Che ci ossessiona. Che vogliamo conoscere”. A questa definizione, in sé spiazzante, va aggiunta la fedeltà alle idee primarie e persino un risvolto etico, non si può dire altrimenti, perché Grace Paley sosteneva che “è responsabilità del poeta imparare la verità da chi non ha potere”. Solo per questo merita di essere scoperta e riscoperta, letta e riletta.
martedì 7 giugno 2011
Grace Paley
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