martedì 9 gennaio 2018

Irwin Shaw

Partendo dallo stesso ambiente suburbano di Richard Yates e John Cheever, dove i personaggi che vivono “nelle loro comunità confortevoli e ordinate, avevano in comune la paura e un senso di insicurezza e fragilità”, Irwin Shaw è “un esploratore in cerca di un’oasi nel centro del grande deserto chiamato America”, proprio come Bowman, il voyeur protagonista di Cerchio di luce, che vaga di notte per scrutare “quelli felici”. Il più delle volte si tratta di coppie che soffrono quel “persistente, disperato, frantumato, incontrollabile amore”, come scrive in L’uomo che sposò una ragazza francese (con buona pace di chi non apprezza gli aggettivi). Il racconto, in cui marito e moglie in trasferta nella Ville Lumière  si trovano a discutere la richiesta di unesportazione di valuta, in virtù di un possibile colpo di stato, definisce già alcuni temi ricorrenti e continui nelle trame di L’amore in una strada buia: l’asse tra New York e Parigi, gli attriti nella vita matrimoniale e più in genere nelle relazioni tra uomo e donna, e, più di tutto, la condizione dell’esilio. Un tema nascosto, ma persistente che torna in Un anno per imparare la lingua (e siamo ancora a Parigi), dove Roberta, una giovane pittrice americana, lo prova come una sensazione, un’emozione, più che una condizione esistenziale. La short story ha il tono leggiadro della commedia agrodolce, che Irwin Shaw farcisce con piccole fioriture stilistiche visibili in parallelo a L’amore in una strada buia, il racconto da cui prende il titolo la raccolta che assume le forme di una battaglia epocale, le Termopili, Azincourt, osservata dalle finestre dell’appartamento di un americano a Parigi, in attesa su una linea intercontinentale. Quando il protagonista torna alla sua telefonata con New York, tutta la scena notturna gli appare sotto un’altra luce, per cui “non terminati e interminabili, non risolti e irrisolvibili, i conflitti e gli inestricabili opponenti se ne erano andati nelle tenebre, ed ora restavano soltanto flebili echi di ammonimenti fantasmi con dita scosse in avvertimenti verso labbra che sparivano”. En passant, attraverso piccole coincidenze, Irwin Shaw ha il vezzo di annodare i racconti. Roberta, in Un anno per imparare la lingua, porta le calze verdi come la ragazza in in Accordate ogni cuore e ogni voce (che però alla fine le toglie). L’amante in motocicletta in L’amore in una strada buia si ritrova (più giovane) in Un anno per imparare la lingua, mentre i paesaggi montani di Ranuncolo di fianco alla tomba non sono lontani da quelli di Gli abitanti di Venere, per non dire dei banconi dei bar, in particolare in Accordate ogni cuore e ogni voce e in Rumori di città. Se lo può permettere perché è un osservatore meticoloso e acuto, un cesellatore di frasi non meno che di immagini che trova nell’arte della narrazione “la privata e squisita ricompensa di sfuggire alla legge della coerenza”. La sua strategia è quella di nascondere un dettaglio che spesso, a sorpresa, comporta una svolta inaspettata. Succede con Gli abitanti di Venere e in Una volta ad Aleppo, un racconto rocambolesco tra il tragico e il comico, acrobazia che a Irwin Shaw riesce sempre benissimo. Capita anche in Rumori in città,   agghiacciante e perfetto perché Irwin Shaw eleva al massimo esponente lascia in ombra i fatti salienti, per poi farli raccontare ai suoi personaggi. In comune hanno tutti (o quasi) le atmosfere notturne, un fiume ininterrotto di alcol, e storie che potrebbero vivere nella cornice di Nighthawks di Edward Hopper, nelle canzoni di Tom Waits fino alle “small wee hours” di Frank Sinatra. Quando giunge l’ora di chiusura, il mood è ancora quello di Bowman, che se ne va come “una spia perduta in un paese oscuro, le tasche piene di dati confusi, impossibili da decifrare”. Dopo aver letto L’amore in una strada buia ci si sente proprio così: sollecitati, pensierosi, un po’ fuori posto e con una gran voglia di un altro whiskey.

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