Partendo
dallo stesso ambiente suburbano di Richard Yates e John Cheever, dove
i personaggi che vivono “nelle loro comunità confortevoli e
ordinate, avevano in comune la paura e un senso di insicurezza e
fragilità”, Irwin Shaw è “un esploratore in cerca di un’oasi
nel centro del grande deserto chiamato America”, proprio come
Bowman, il voyeur protagonista di Cerchio
di luce, che
vaga di notte per scrutare “quelli felici”. Il più delle volte
si tratta di coppie che soffrono quel “persistente, disperato,
frantumato, incontrollabile amore”, come scrive in L’uomo
che sposò una ragazza francese
(con buona pace di chi non apprezza gli aggettivi). Il racconto, in
cui marito e moglie in trasferta nella Ville Lumière si
trovano a discutere la richiesta di un’esportazione di valuta, in virtù di un
possibile colpo di stato, definisce già alcuni temi ricorrenti e
continui nelle trame di L’amore
in una strada buia:
l’asse tra New York e Parigi, gli attriti nella vita matrimoniale e
più in genere nelle relazioni tra uomo e donna, e, più di tutto, la condizione
dell’esilio. Un tema nascosto, ma persistente che torna in Un
anno per imparare la lingua
(e siamo ancora a Parigi), dove Roberta, una giovane pittrice americana, lo
prova come una sensazione, un’emozione, più che una condizione
esistenziale. La short story ha il tono leggiadro della commedia
agrodolce, che Irwin Shaw farcisce con piccole fioriture stilistiche visibili in parallelo a L’amore
in una strada buia, il
racconto da cui prende il titolo la raccolta che assume le forme di una
battaglia epocale, le Termopili, Azincourt, osservata dalle finestre
dell’appartamento di un americano a Parigi, in attesa su una linea
intercontinentale. Quando il protagonista torna alla sua telefonata
con New York, tutta la scena notturna gli appare sotto un’altra
luce, per cui “non terminati e interminabili, non risolti e
irrisolvibili, i conflitti e gli inestricabili opponenti se ne erano
andati nelle tenebre, ed ora restavano soltanto flebili echi di
ammonimenti fantasmi con dita scosse in avvertimenti verso labbra che
sparivano”. En passant, attraverso piccole
coincidenze, Irwin Shaw ha il vezzo di annodare i racconti. Roberta, in Un
anno per imparare la lingua, porta
le calze verdi come la ragazza in in Accordate
ogni cuore e ogni voce (che
però alla fine le toglie). L’amante in motocicletta in L’amore
in una strada buia
si ritrova (più giovane) in Un
anno per imparare la lingua,
mentre i paesaggi montani di Ranuncolo
di fianco alla tomba
non sono lontani da quelli di Gli
abitanti di Venere,
per non dire dei banconi dei bar, in particolare in Accordate
ogni cuore e ogni voce
e in Rumori di
città. Se lo può permettere perché è un osservatore meticoloso e acuto, un cesellatore di frasi
non meno che di immagini che trova nell’arte della narrazione “la
privata e squisita ricompensa di sfuggire alla legge della coerenza”.
La sua strategia è quella di nascondere un dettaglio che spesso, a
sorpresa, comporta una svolta inaspettata. Succede con Gli abitanti di
Venere e in Una
volta ad Aleppo, un
racconto rocambolesco tra il tragico e il comico, acrobazia che a
Irwin Shaw riesce sempre benissimo. Capita anche in Rumori
in città, agghiacciante e perfetto perché Irwin Shaw eleva al massimo
esponente lascia in ombra i fatti salienti, per poi farli
raccontare ai suoi personaggi. In comune hanno tutti (o quasi) le
atmosfere notturne, un fiume ininterrotto di alcol, e storie che
potrebbero vivere nella cornice di Nighthawks
di Edward Hopper, nelle canzoni di Tom Waits fino alle
“small wee
hours” di Frank Sinatra. Quando giunge l’ora di chiusura, il mood
è ancora quello di Bowman, che se ne va come “una spia perduta in
un paese oscuro, le tasche piene di dati confusi, impossibili da
decifrare”. Dopo aver letto L’amore
in una strada buia ci si sente proprio così: sollecitati, pensierosi, un po’ fuori posto e con una gran voglia di un altro whiskey.
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