martedì 14 maggio 2013

John Steinbeck

Missione compiuta è un libro anomalo, essendo parte della propaganda che sosteneva lo sforzo bellico americano (prima e durante) la seconda guerra mondiale. Una forma limitata e limitante, soprattutto nel tono generale, che impone a John Steinbeck un margine di manovra piuttosto limitato e ovvio. Il suo obiettivo è raccontare la nuova leva di piloti, armieri, navigatori, marconisti, motoristi e mitraglieri che compongono l’equipaggio dei bombardieri. Missione compiuta è didascalico e ripetitivo nel suo continuo tentativo di inoculare alcuni concetti essenziali. E’ la funzione della propaganda e John Steinbeck insiste su alcuni presunti ideali americani: l’efficienza delle macchine, il lavoro di squadra, la ricerca della forma fisica, la dedizione al compito, la fedeltà alla bandiera, lo spirito di corpo. Per la guerra è utile anche un patriota scomodo come John Steinbeck che però deve attenersi a un copione in gran parte già scritto, esaltando la nuova arma del cielo, le sue meraviglie tecniche, l’implicita vocazione alla superiorità (non solo aerea) che deve trasmettere. Anche in circostanze avverse, John Steinbeck trova l’occasione di affermare uno stile e di usare le parole per esprimere, persino con una sorta di profezia, dove avrebbe portato “una guerra senza un metodo o una tecnica precisi, imperniata proprio su quella produzione in cui eccelliamo. Se fosse toccato a noi scegliere il tipo di guerra da combattere, non avremmo potuto trovarne una più adatta al nostro spirito nazionale. Perché questa è una guerra di trasporti, di macchinari, di produzione di massa, di flessibilità e inventiva, e in ciascuno di questi campi noi siamo stati pionieri se non addirittura inventori”. Il rigido schema imposto dalla funzione primaria di Missione compiuta non impedisce a John Steinbeck di interpretare quello spirito pragmatico e combattivo (proprio in quest’ordine) sviluppatosi proprio perché “la dimensione del nostro disagio era la dimensione delle nostre energie”. I suoi limiti, così come quelli di un’intera nazione, sono sorpassati dalla velocità degli eventi e del tempo e la Missione compiuta da John Steinbeck è tracciare una linea di demarcazione tanto netta quanto artefatta: non soltanto con il nemico da annientare come vuole l’arte della guerra, ma anche tra ciò che si deve ritenere americano e ciò che non lo è. La propaganda non ammette dubbi, titubanze, incertezze, intemperanze. La macchina economica e bellica (una pericolosa associazione John Steinbeck aveva compreso benissimo), dai bambini che compongono i modelli di aereo destinati all’addestramento all’ultima operaia che assembla ali e fusoliere fino all’armiere che sgancia tonnellate di bombe sui bersagli, deve essere pronta e muoversi all’unisono perché “adesso lo scopo è stato fissato; abbiamo un disegno e una direzione, e una sorta di gioia selvaggia percorre l’intera nazione”. Missione compiuta: è un buon giorno per morire e la storia insegna che, da allora, l’industria della guerra non si è più fermata.

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