domenica 23 settembre 2012

David Foster Wallace

Nelle “trincee quotidiane” di David Foster Wallace le sue pulsazioni linguistiche sono strumenti di difesa che s’inerpicano sull’essenza della parola, moltiplicando l’effetto delle provocazioni, delle sollecitazioni e delle piccole e continue esplosioni che costituiscono l’andamento sincopato della sua scrittura. Pur condividendo una provenienza piuttosto eterogenea, i racconti di Questa è l’acqua possono essere un’utile introduzione alla complessità della scrittura e in definitiva della visione del mondo di David Foster Wallace. Le sue costruzioni narrative seguono un caos organizzato secondo coordinate invisibili, come se cercasse l’origine della specie in una qualche geometria del linguaggio: “Guardi da una sola angolazione: le cose sembrano senza meta, disordinate. Modifichi l’angolazione: illuminazione. Schema. Ordine”. La sorpresa è sempre dietro l’angolo, sia nell’angoscia esistenziale e poi nella malattia raccontate in Il pianeta Trillafon in relazione alla Cosa Brutta, sia nella pirotecnica lettura dell’adolescenza in Ordine e fluttuazione a Northampton. Anche un frammento di quattro pagine come Altra matematica è l’occasione per mettere nella centrifuga della narrativa, della visione di David Foster Wallace, una spirale di parole tenute insieme da una tensione sotterranea, così come Solomon Silverfish è la quintessenza della scrittura di DFW: esuberante, eccessiva, florida e frenetica nello stesso tempo come “l’intermittenza stroboscopica che precede i sogni”. David Foster Wallace non è mai accomodante e si rivela, se non proprio moralista, almeno cosciente della necessità di una scelta e della sua consapevolezza perché la scrittura, la lettura, la cultura servono ad avere “la facoltà di scegliere a cosa pensare”. In quello che diventa una specie di commiato, lo spiega meglio così: “Imparare a pensare di fatto significa imparare a esercitare un certo controllo su come e su cosa pensare. Significa avere quel minimo di consapevolezza che permette di scegliere a cosa prestare attenzione e di scegliere come attribuire un significato all’esperienza”. C’è un collegamento diretto tra l’impianto delle parole sulla pagina scritta e la fluttuazione dei pensieri e la piccola selezione di Questa è l’acqua serve a identificarlo e a capirne l’utilità: “Il genere di libertà davvero importante richiede attenzione, consapevolezza, disciplina, impegno e la capacità di tenere davvero agli altri e di sacrificarsi costantemente per loro, in una miriade di piccoli modi che non hanno niente a che vedere col sesso, ogni santo giorno. Questa è la libertà. Questo è imparare a pensare”. Diceva Don DeLillo nella sua elegia, qui posta come prefazione: “Possiamo immaginare i suoi testi narrativi e i suoi saggi come stralci di rotoli da un lontano futuro. L’opera la conosciamo già come notizia di prima mano: dallo scrittore al lettore, intimamente, ossessivamente. Lui non ha incanalato le sue doti entro schemi più angusti. Voleva reggere l’urto della vasta, farneticante, ingovernabile onda della cultura contemporanea”. Come scrittore non c’è dubbio che ce l’abbia fatta; come persona, è andata come è andata.

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