Un refrain torna in continuazione nel corso di Special Deluxe e non è un ritornello delle canzoni di Neil Young. È l’aggiornamento dei dati della quantità di anidride carbonica immessa nell’aria e suona paradossale visto che l’argomento unico e centrale sono proprio le automobili, ma per Neil Young le motivazioni vanno un po’ oltre le questioni tecniche e strumentali del collezionismo: “Ho comprato le mie auto per la loro anima. Avevano tutte delle storie. Mi sedevo dentro di loro, percepivo le loro storie e poi scrivevo canzoni partendo da quelle sensazioni. Le auto si portano appresso i loro ricordi. Per me, le mie auto sono vive. Tutte le auto lo sono”. Le digressioni tra una Buick Roadmaster Convertible del 1947 e una Corvette del 1957 si alternano senza soluzione di continuità agli album e alle canzoni e agli scampoli autobiografici. Ci sono storie e momenti, riti e ricordi, a partire dall’età dell’oro seguita al successo worldwide di Harvest che Neil Young ricorda con un pizzico di nostalgia: “La vita ci trattava benissimo. Avevamo un sacco di cose da fare, giovinezza dalla nostra parte, case sulla spiaggia e giorni pieni”. Non sarà sempre così e tra una macchina e l’altra, anche quella stagione di abbondanza e di sogni sfiorisce e per Neil Young si aprono anni di inedita consapevolezza: “Alla fine le avevo provate tutte, avevo ritardato con successo l’inevitabile e per la prima volta da tantissimo tempo a questa parte mi ritrovavo a guardare con obiettività la realtà dritta negli occhi”. Da quel punto di vista Special Deluxe è anche più intimo e introspettivo di come si presentava Il sogno di un hippie. La parte iniziale dedicata all’infanzia è solo il preludio a una fitta sequenza di meditazioni che, tra una carrozzeria e un cambio d’olio, sfociano in vere e proprie confessioni, più di tutte quando Neil Youn ammette: “Alcune delle cose che ho fatto sono al di fuori di qualsiasi briciolo di ragionevolezza secondo la quale cerco di vivere e tutt’al più sono semplicemente esempi di eccezione alla norma. Forse sono i miei tentativi di cambiare; oppure rappresentano qualcosa che non capisco. Non penso valga la pena approfondire ulteriormente”. Sa anche essere sincero in modo estremo e spiazzante, come nel racconto del finale del tour di CSNY del 1974, a Wembley: “Avevamo tutto ciò che serviva e forse anche molto di più, ma l’ultimo show fu un fiasco, una performance da scoppiati pieni di droga e a oggi resta uno dei punti più bassi di CSNY. La colpa fu di tutti. L’ordine del giorno era: egoismo e autoindulgenza. Il giorno dopo avremmo dovuto tutti licenziarci da soli e, in retrospettiva, forse proprio questo facemmo”. È forse a quel punto che Neil Young si accorge che “il futuro era molto più grande del passato” e comincia a guardare alla sua collezione di berline e fuoristrada con una prospettiva diversa, che nasce dalla rinnovata sensibilità ambientale. Da qui, ecco il conteggio delle percentuali di inquinamento, l’esplorazione di fonti energetiche alternative e rinnovabili, l’insistenza nel cercare di comprendere e di spiegare le qualità dell’etanolo cellulosico. Neil Young non si nasconde e, presto o tardi spunta la voce dell’indomito ribelle: “Le multinazionali non sono la gente. Non possiedono la coscienza di un genitore attento alla sicurezza dei propri figli. Le multinazionali sono guidate dai report finanziari trimestrali e fino a quando non perderanno il potere che stanno esercitando le leggi saranno fatte soprattutto in funzione dei guadagni finanziari a breve termine”. Se questa è la realtà, Special Deluxe è stravagante quel tanto che basta da confermare l’assioma per cui “la bellezza e l’insostituibile qualità dell’originalità vivono per sempre”. Deve essere vero, perché in due righe è condensata tutta la vita di Neil Young.
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