martedì 17 settembre 2019

Ralph Ellison

Nel corso dei racconti di Volo di ritorno torna in superficie la storia dell’America nera con fughe improvvise e ossa rotte, speranze negate e destini beffardi, alimentati dalla prevaricazione e dal razzismo. Storie di bambini soli, mandati a giocare sul retro delle case perché davanti “disturbano”, ovvero rompono l’aggressiva monotonia dei bianchi. Storie di vagabondi e di musicisti, di pugni e di altre offese che Ralph Ellison colleziona con uno stile inconfondibile, asciutto e chiarissimo, che non  nasconde nulla. Un’attenzione feroce ai dettagli che sono agghiaccianti in Festa in piazza, vivida ricostruzione di un linciaggio e di un disastro aereo che incombe sulla scena principale, un’immagine che idealmente collega il primo e l’ultimo racconto della raccolta. Volo di ritorno (un capolavoro) infatti sintetizza l’intraprendenza e poi lo sconforto, la delusione, quasi tangibili nel finale. Un aviatore costretto a un atterraggio di fortuna si trova con una caviglia spezzata, immobilizzato. Una condizione surreale dove, oltre alle angherie razziste, viene persino scambiato per pazzo. Il pericolo incombe pagina per pagina, come se fosse implicito nelle storie degli afroamericani, una componente indistinguibile della loro vita quotidiana: paura e sottomissione sono i temi che aleggiano nelle storie almeno finché i “giovani nel millenovecento”, come vengono chiamati in Avessi le ali, non scelgono di scappare dalle persecuzioni. È così che Lo sbirro di Hymie e Non gli ho chiesto come si chiamavano vedono protagonisti alcuni hobo in viaggio e, ancora di più, una madre con i figli in Ragazzo in treno. Sono tutti parte delle migrazioni documentate da Isabelle Wilkerson in Al calore di soli lontani in cui gli afroamericani, come li descriveva Emmett J. Scott “sembravano in fuga da una maledizione. Avrebbero fatto qualunque sacrificio pur di ottenere un biglietto ferroviario, e chi se ne andava era deciso a non tornare mai più”. I numerosi riferimenti letterari di Ralph Ellison (tra l’altro, La condizione umana di André Malraux citata in La palla nera) si fondono con quelli della cultura popolare: il baseball e Jack Johnson in Pomeriggio, le canzoni (Amazing Grace in Due indiani scotennati e Summertime in Difficile tenersi al passo) a delineare il substrato di una cultura in movimento e in evoluzione. La musica è un sollievo e un palliativo (eloquente in Due indiani scotennati: “Le note degli ottoni che scoppiettavano nel cielo assolato come scintillanti bolle metalliche. Era un suono remoto e vivido, sparato sulla collina nel silenzio dell’imbrunire; ora si sentiva bene, e non c’era da ingannarsi: era musica, musica di banda”), ma come dice uno dei protagonisti di Difficile tenersi al passo “dev’esserci stato qualcosa che fino a un certo punto abbiamo avuto, e poi abbiamo perso”. La riflessione è un messaggio ricorrente in Volo di ritorno che viene focalizzato meglio In un paese straniero: quella ferita è un “odioso senso di estraneità” che resta sulla pelle e alimenta un conflitto che altrove è esploso con tutta la sua forza devastante e che Ralph Ellison ricorda attraverso Il signor Toussan dove viene evocato François-Dominique Toussaint Louverture meglio conosciuto come Toussaint L’Ouverture, ovvero il Napoleone nero condottiero delle rivolte di Haiti. Come dice uno dei protagonisti del racconto “sono tutte storie che nei libri non ci sono”, proprio “perché con quel Toussan se la sono vista brutta, quei bianchi”. È andata davvero così e, per inciso, il personaggio sarà poi il protagonista della monumentale trilogia di Madison Smartt Bell.

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