Il complicato processo di deindustrializzazione indotto dalle reaganomics ha trovato nel corso degli anni valide testimonianze in Roger & Me, il documentario Michael Moore, nei romanzi Io sono Red Baker di Robert Ward e Ruggine americana di Philippe Meyer e, più di tutti, nelle canzoni di Bruce Springsteen, che ha attinto a piene mani anche a Journey To Nowhere di Dale Maharidge e Michael Williamson, un viaggio nell’incubo della disoccupazione e della miseria intrapreso nel 1982, lo stesso anno di Il mistero dell’orto di Rocksburg. Il milieu è quello ed è fondamentale perché Rocksburg, Pennsylvania, è una piccola e disorientata comunità di minatori che rispondono ai cognomi di Fiori, Muscotti, Bellotti, Renaldo e poi Petrolac, Ripulsky, Stramsky, Stuchinsky, Czekaj, Skobolo, tutti italoamericani e mitteleuropei (serbi, in particolare). La stagione che devono affrontare è la più difficile perché, come dice Jimmy Romanelli, il personaggio (in contumacia) che alimenta Il mistero di Rocksburg: “il mio lavoro non c’è più. Non sono io che ho lasciato il lavoro. È il mio lavoro che mi ha lasciato, c’è una grande differenza”. Del suo destino si dovrà occupare, Mario Balzic (protagonista di una lunga serie di romanzi), un capo della polizia insofferente all’autorità, con un’avversione singolare verso i suoi diretti superiori, che poi sono il procuratore e il sindaco. Lo scontro triangolare è memorabile: Mario Balzic non le manda a dire, sente ovunque odore di corruzione e si deve destreggiare tra tagli del personale, promozioni inopportune e le incombenze quotidiane. Si ritrova a mangiare da solo e mezzo ubriaco e quando non lavora, deve fronteggiare una famiglia tutta al femminile (la madre, la moglie, due figlie). È un veterano della vecchia scuola, poco avvezzo alle pistole e molto di più alla riflessione, capace di consumare chilometri su chilometri seguendo il fiuto ed è immerso nelle angosce della cittadina al punto di pensare che “a volte era meglio correre via da qualcosa piuttosto che verso qualcosa, anche se dovevi dire il contrario per evitare che la gente ti guardasse in modo strano”. Quando viene richiamato da Frances Romanelli per la scomparsa del marito Jimmy, il primo indizio è ancora la disoccupazione: “Non sta lavorando. Suppongo sia una cosa che cambia qualsiasi persona. Fino a un certo punto lavori, porti a casa i soldi, il mondo non è così male. Poi smetti di lavorare, porti a casa l’elemosina che ti concede lo stato fino a quando non si esaurisce, e ti sembra che il mondo non valga un fico secco”. Potrebbe essere vittima dei suoi traffici con il gioco d’azzardo e (forse) con la marjiuana, ma non ci sono prove concrete, se non un legame antico tra il padre di Frances e quello di Mario che erano soliti ritrovarsi a bere e a discutere e a mangiare peperoncini e a parlare di diritti, trattative e scioperi. Due uomini per cui la resa non è mai stata un’opzione e che i bambini guardavano come monumenti. Quei ricordi sono l’unico appiglio: Mario Balzic sa che “ci sono solo tre modi per ottenere le informazioni, tutte le informazioni. Sei tu ad aver quell’informazione, parli con qualcuno che ce l’ha o leggi qualcosa scritto da qualcuno che ce l’ha” e conduce le indagini passando da un bar all’altro, dove prende forma una carrellata di volti e di storie. K.C. Constantine mette le persone davanti a tutti: i personaggi schizzano sulla pagina, sono vitali, vividi, anche quando gli tocca una singola apparizione. Con poche frasi e tutti i dettagli al posto giusto riesce a definire un’umanità dolente, Mario Balzic più di tutti, perché K.C. Constantine lo segue per raccontare la dissoluzione di un’intera civiltà, che al lavoro affidava la propria dignità non meno che ogni altra speranza. Il mistero dell’orto di Rocksburg e della scomparsa di Jimmy Romanelli tocca a lui risolverlo (e al lettore scoprirlo), ma quello che importa è la crudele trasformazione di una comunità costretta ad arrendersi e a ripiegarsi su se stessa. L’ostinazione di Mario Balzic (“Metti alla prova la tua esperienza e vedi come funziona. E continui a fare qualsiasi cosa funzioni finché non funziona più e a quel punto provi qualcos’altro”) permette di affrontare Il mistero dell’orto di Rocksburg, ma non può fare nulla di più quando tutto diventa solo “un puro fattore economico”. Succedeva già nel 1982, e guardate un po’ dove ci ha condotti quella lunga corsa nel vuoto.
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