lunedì 10 novembre 2014

Dennis Cooper

“La verità è arida. La verità si capisce solo quando tutto il proprio mondo appare come soffritto a fuoco lento finché non ne rimangono solo le informazioni strettamente necessarie a separarlo dal mondo altrui” confessa Dennis Cooper in uno dei passaggi fondamentali di Idoli. La verità è che ha visto l’inferno, ci è passato dentro, “sembrava quasi amore”, e, ora, è qui a raccontarlo. Dennis Cooper è un autore che non ha misure: il suo meccanico narrare di violenza e sesso, sesso e violenza (che per lui sono indissolubilmente legati) scuote più di una coscienza e, in effetti, l’abulia morale dei suoi romanzi, le assurdità spiegate con una freddezza vicina al cinismo sono sufficienti a spiegare tanta tensione e a concordare con lui sul fatto che “la realtà è troppo complessa per lasciarsi decodificare da uno qualsiasi di noi”. Dal punto di vista narrativo, monotonia e ripetività sono, nello stesso tempo, le sue armi e i suoi punti deboli, tali da lasciar supporre una voglia di shock a tutti i costi e per tutti i bisogni dello spettacolo. Un dubbio lecito visto il proliferare di scrittori che non raccontano più di quello che ha già spiegato Vladimir Nabokov. Magari aggiungono qualche particolare, d’accordo, un po’ di violenza in più, ma non è questo il punto perché Dennis Cooper, almeno da quello che si riesce a capire in Idoli, va oltre. Affiorano dubbi: è vero che il paesaggio umano è sempre degradato ai minimi livelli (anche peggio), ma a differenza di tanti altri votati a un approccio superficiale, Dennis Cooper sembra accorgersi che sta raccontando e che, in qualche modo, la sua è già una presa di posizione, un definirsi, probabilmente un tentativo di venirne fuori. Con il contorno sonoro di Guided by Voices (un’ossessione), Smear, Sebadoh, Lemonheads, Blur che già evocano un paesaggio fluttuante ed evanescente, le realtà formate dagli acidi e dalla noia assumono il centro di gravità, lasciando a “qualsiasi potenziale problema insito nell’avere rapporti con gli altri” il ruolo di “effetti collaterali irrilevanti”. Gli Idoli si formano in quelle particolari orbite e in modo altrettanto repentino scompaiono perché l’alter ego di Dennis Cooper dice: “Chi distruggo nel corso della narrazione per me non ha importanza. Vorrei solo essere in grado di fare lo stesso in questa vita molto meno plasmabile che stiamo iniziando a vivere insieme”. Questa è la frattura, la ferita dentro Idoli e sembra confessarlo lo stesso Dennis Cooper un passo più in là: “Scrivo romanzi che sostanzialmente sono soltanto descrizioni prolisse e involute dei mondi dei miei desideri, insoliti e utopici, in cui realisticamente non sono in grado di entrare”. Idoli, pur non spiegando nulla, mostra che l’inferno di Dennis Cooper, per folle e arido che sia, è soltanto una cellula e che tutto intorno c’è qualcosa che non funziona perché ammette: “Tutta la bellezza del mio mondo è addormentata, priva di sensi o cadavere”. Durissimo, sincero: Idoli è un libro da prendere con le pinze e con i guanti, ma che affronta la realtà con gli occhi spalancati e senza paura di niente. 

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