martedì 26 maggio 2020

John Steinbeck

Incaricato di redarre una serie di articoli destinati a testimoniare le condizioni di vita dei lavoratori migranti, nel 1936 John Steinbeck intraprende una serie di viaggi tra le baraccopoli spontanee e i campi federali che sono cresciuti come funghi nelle valli californiane. La prima impressione riportata è che “le nostre strade pullulano di lavoratori migranti, un gruppo di raccoglitori di nomadi, colpiti dalla povertà e spinti dalla fame e dallo spettro della fame a vagare di campo in campo, di raccolto in raccolto, su e giù per lo stato”. Arrivano in gran parte dall’Oklahoma e da altre aree del Midwest in fuga dalle Dust Bowl, le tempeste di sabbia che colpirono gli Stati Uniti tra il 1931 e il 1939. Bisogna ricordare che, allora come oggi, gli eventi atmosferici furono soltanto l’effetto finale di un esecrabile rapporto con la terra sfruttata fino a prosciugarne ogni qualità. Nello stesso modo l’esodo ha scoperchiato i limiti dell’industrializzazione dell’agricoltura in California. Come nota Steinbeck, all’inizio, “il viaggiatore di passaggio a cui capita di assistere agli spostamenti dei migranti sulle strade principali, li trova misteriosi, perché d’improvviso le carreggiate si riempiono di bagnarole scoperte cariche di bambini e di biancheria sudicia, di utensili da cucina anneriti dal fuoco”. Ben presto, diventa evidente che per le colture intensive “i migranti sono necessari, e sono odiati”, una condizione paradossale che, come intuisce bene John Steinbeck, è potenzialmente esplosiva: “Possono diventare il miglior tipo di cittadini oppure un esercito spinto a prendersi ciò che gli serve dalla sofferenza e dall’odio. Il trattamento che sarà loro riservato in futuro determinerà la direzione che saranno costretti a imboccare”. Nella maggior parte dei casi resteranno confinati in accampamenti maleodoranti e malati, assediati dall’indifferenza e dalle compagini militaresche più o meno legali, ovvero, per dirla con Steinbeck, “un sistema terroristico che sarebbe inaudito persino nei paesi fascisti”. Più avanti, il governo fornirà strutture più adeguate, con un minimo di servizi igienici, e soluzioni abitative dignitose, ma l’essenza rimane quella confessata da un giovane lavoratore a Steinbeck: “Quando hanno bisogno di noi, ci chiamano migranti, e quando abbiamo finito il raccolto, diventiamo vagabondi e dobbiamo toglierci dai piedi”. I reportage non si limitano a descrivere la vita ai limiti della sussistenza dei fuggiaschi delle Dust Bowl, ma seguendo il loro dramma affrontano anche i risvolti razziali delle migrazioni perché “ai grandi coltivatori la manodopera messicana offriva ben altri vantaggi rispetto alla semplice convenienza economica. Quando non era necessaria, poteva essere trattata come spazzatura. Questi lavoratori potevano vedersi negare qualunque cura in caso di malattia e invalidità, e per di più, se opponevano resistenza a causa dei salari bassi e delle terribili condizioni di vita, potevano essere rimpatriati in Messico a spese del governo”. Ancora peggio per il lavoratori cinesi impiegati nella costruzione delle ferrovie che divennero il “pericolo giallo” con l’entrata in guerra del Giappone, senza riuscire a distinguere quel minimo necessario, dato che le forme razziste di segregazione ed esclusione si nutrono di ignoranza. Le osservazioni di Steinbeck sono puntuali, tanto da arrivare a proporre una soluzione ragionevole più che condivisibile: “In queste comunità si dovrebbe incoraggiare lo spirito di collaborazione e di mutua assistenza, in modo che con l’autogestione e con un rinnovato senso di responsabilità sociale queste persone possano tornare a essere dei cittadini a pieno titolo. La spesa per questi progetti dovrebbe essere sostenuta dal governo federale, da quello statale e dalle contee, in modo che le comunità che richiedono il maggior numero di lavoratori stagionali siano tenute a contribuire al loro benessere. Il costo di un’impresa del genere non sarebbe molto maggiore di quello speso oggi in gas lacrimogeni, mitragliatrici, munizioni e vicesceriffi”. Non succederà, ma I nomadi forniranno le inesauribili fonti d’ispirazione a cui attingerà per Furore.

1 commento:

  1. ogni riferimento alla situazione attuale ( soprattutto in italia ) è puramente casuale ?

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