E’ sempre vero che “tutti hanno
una storia da raccontare” e la Signorina Cuorinfranti, pseudonimo dietro il quale si nasconde un
giornalista la cui carriera è finita in un vicolo cieco, raccoglie interi
cahiers de doléances di tutta la città. Siamo a New York, subito dopo il crollo
finanziario ed economico del 1929, una crisi che si protrae come un’epoca a sé
stante, dove tutti vivono in un limbo grigio e cupo. La Signorina
Cuorinfranti, che ha “una fissa per
l’umanità”, non si limita a leggere confessioni e suppliche e resoconti di vite
in pezzi che arrivano sulla sua scrivania in forma di lettere. Non gli basta
nemmeno rispondere nello spazio della sua rubrica e fatica sempre di più ad
arginare lo strazio con le parole finché “aizzato dalla sua coscienza, cominciò
a generalizzare: gli uomini hanno sempre combattuto contro la loro misera
condizione ricorrendo ai sogni. Anche se un tempo i sogni erano stati molto
potenti, oggigiorno il cinema, i giornali e la radio li rendevano puerili. Tra
i tanti tradimenti, questo era senz’altro il peggiore”. E’ allora che la Signorina
Cuorinfranti decide di togliersi la
maschera e di scoprire i volti, le vite che si nascondo dietro le storie che
riceve ogni giorno. La linea di confine viene varcata in vari speakeasy dove bevono
whisky (parecchio) e quando si incontrano per caso, per sbaglio o quando si
danno un appuntamento è per confrontarsi (diciamo così) su livelli dove non è
escluso nulla, dal sesso alla fede fino alla violenza. Il romanzo, spaccato in
più episodi, in cui la Signorina Cuorinfranti è sempre protagonista è un’odissea negli inferi
psicologici della solitudine non meno che in quelli della promiscuità, in cui
la città (e nello specifico, New York) ha un ruolo determinante. Le condizioni
storiche e metropolitane non sfuggono a Nathanael West dato che gli è ben
chiaro che “gli americani avevano dissipitato la loro energia razziale in
un’orgia di pietre spaccate. Nella loro breve esistenza avevano spaccato più
pietre loro di quante ne avessero spaccate gli egiziani in tanti secoli. Per di
più avevano compiuto questo lavoro con isterica disperazione, quasi si
rendessero conto che quelle pietre un giorno li avrebbero spaccati a loro
volta”. Il romanzo non è una lettura agevole, è pieno di spigoli e di angoli
bui e lo slang di Nathanael West è grezzo e martellante perché pesca
direttamente dalla disperazione di un’intera umanità imprigionata nelle proprie
debolezze: Signorina Cuorinfranti,
come il personaggio da cui prende il titolo, le riflette e come un medico trasportato
più dall’emozione che dalla scienza alla fine si lascia contagiare, tanto che
arriva ad ammettere che “aveva la sensazione che il suo cuore fosse una bomba,
una bomba complicata che avrebbe finito per scoppiare in maniera molto
semplice, devastando il mondo senza neanche farlo tremare”. E’ l’effetto
primario di Signorina Cuorinfranti,
che non concede alcun margine di trattativa ed è duro, aspro e bruciante, tutte
doti che ne hanno fatto un classico.
Nessun commento:
Posta un commento