Nella prolifica produzione di Stephen King, oltre ai fisiologici alti e bassi, ci sono romanzi che rivestono un significato particolare e resistono con maggiore decisione al passare degli anni, fino a diventare dei (suoi) classici. Misery è uno di quelli e lo stesso Stephen King si è dilungato in On Writing, raccontandone la genesi e la natura. Tutto nasce da un’appunto su un tovagliolo preso durante un volo verso Londra. Arrivato in albergo e in preda al jet lag (e ai postumi dei suoi abusi) a Stephen King ronzava in testa l’idea che si era segnato sull’aereo e chiese alla reception di trovargli un posto tranquillo dove poter scrivere. Gli diedero la scrivania dove, così sembra, lavorava (e morì) Ruyard Kipling e lì butto giù l’essenza di Misery, nella forma di un racconto con il working title di The Annie Wilkes Edition. E’ solo l’inizio perché i personaggi erano destinati a prendersi tutto quello che volevano e lo stesso Stephen King dice che “nessuno dei particolari e degli episodi di quella storia nasceva da una trama prestabilita; erano elementi organici, ciascuno di essi una parte ancora nascosta del fossile”. Una volta liberati avrebbero popolato un trama agghiacciante e claustrofobica, che vale la pena riassumere ancora una volta. Paul Sheldon è uno scrittore famoso e popolare (non sempre le due definizioni coincidono) soprattutto per la serie che ha come protagonista Misery Chastain. Viene salvato da un pauroso incidente stradale a Silver Creek, tra le nevi del Colorado, da Annie Wilkes. Quello che all’inizio sembra un miracolo (la sua salvatrice è un’ex infermiera che fa l’impossibile per guarirlo) diventa un incubo perché è anche la sua ammiratrice numero uno. Quando scopre che il suo amatissimo e curatissimo scrittore ha deciso di concludere la serie di Misery, facendo morire l’eroina, Annie Wilkes si trasforma nella sua aguzzina. Il ritratto che ne fa Stephen King in On Writing è abbastanza credibile: “Annie Wilkes, l’infermiera che tiene prigioniero Paul Sheldon in Misery, può sembrare una psicopatica a noi, ma è importante ricordare che lei si vede perfettamente equilibrata e razionale; è, anzi, una donna minacciata che cerca di sopravvivere a un mondo ostile pieno di burbe e caccolicchi”. Misery è l’apologia delle ossessioni: l’ossessione per le storie che vivono di vita proprio l’ossessione dello scrittore per i suoi personaggi, l’ossessione dei fans per lo scrittore che secondo Stephen King partecipano insieme a una sorta di magia, e guai a chi la tocca. Ai primi tocca la costanza della lettura, agli altri rispettare la regola, secondo Stephen King, per cui “scrivere è tirarsi su, mettersi a posto e stare bene”. Per Paul Sheldon è un bel problema, visto che è finito nel maelström dell’ossessione, e in effetti è lì la soluzione di Misery. Anni dopo, così vuole il destino, toccherà anche a Stephen King, investito da un furgone senza controllo, finire come lui. Per fortuna, senza una Misery Chastain da tenere in vita e senza Annie Wilkes intorno.
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