Nella progressiva ridefinizione della scrittura di Jim Morrison diventa sempre più evidente il suo approccio istintivo, la stessa attitudine viscerale, per non dire animalesca, come del resto accadeva per la musica. Nella miscellanea qui ricomposta & assemblata con gran cura, “poesie, diari, appunti e liriche”, si riversano nelle pagine, come frutti colti di sorpresa, o di nascosto. Il processo ricorda più un rituale magico, una percezione trasfigurata nel richiamo costante ai rettili e a una variegata fauna che affolla i paesaggi morrisoniani. Lo nota anche Tom Robbins che nella scoppiettante prefazione scrive: “Allo stesso tempo atavici e postmoderni, questi versi sono fitti di evocazioni delle nostre paure più profonde, vipere velenose e insetti pungenti, serial killer e nubi radioattive”. Spiriti, fantasmi, ombre e altre creature irraggiungibili: la forma delle “fantasie urlanti” di Jim Morrison deve molto, nella sua libertà espressiva, all’impeto della Beat Generation, così come alle letture più radicali, da Blake a Rimbaud, ma se “la poesia ha un’armonia & una maestà che non potrà mai essere negata”, l’essenza del frammento, dell’impressione, e del movimento è la sua cifra stilistica, nella convinzione che “tutto è in frantumi & danza”. Il tambureggiare delle parole di Jim Morrison ondeggia tra lo spirito naïf (“C’è una rivoluzione ogni giorno, ogni volta che il sole sorge”) e una dimensione mistica, potente, a tratti profetica, se si considera la profezia come una componente rivelatrice della realtà, così come di “un’intersezione di idee, sfere di interesse, eccitazione o intenso desiderio”. Secondo Joan Didion, Jim Morrison tendeva a “suggerire una gamma di possibilità appena più in là di un patto suicida” ed è una definizione estrema che senza dubbio evidenzia uno dei suoi tratti più evidenti e complessi, però a voler leggere senza preconcetti e senza lasciarsi influenzare dall’appariscenza della rock’n’roll star si trova anche un volto più riflessivo (“Esiste un’uguale attrazione verso l’interno, un ritorno a tutte le cose”) capace di scrivere: “Un uomo rastrella foglie nel suo cortile, le ammucchia & s’appoggia al rastrello & le brucia completamente. La fragranza invade il bosco. I bimbi si fermano & si fanno attenti al profumo, che diverrà nostalgia fra un bel po’ d’anni”. O, ancora di più, in Potere: “Posso rendermi invisibile o piccolo. Posso diventare enorme & raggiungere le cose più lontane. Posso cambiare il corso della natura. Posso posizionare me stesso dovunque nello spazio o nel tempo. Posso richiamare i morti. Posso percepire eventi in altri mondi, nella mia mente più profonda, & nella mente altrui”. Ecco, assemblate in una lussuosa iconografia, “una serie di note, poesie in prosa, storie, schegge di commedia & dialogo, aforismi, epigrammi, saggi. Poesie? Certo”, che sono, al momento, il ritratto più completo di Jim Morrison. Il volume è prezioso, in qualche modo definitivo, anche se bisogna ricordare che gran parte di questi scritti erano già apparsi in altre forme, ma qui raggruppati in un solo corpo ci sono gli appunti del rapporto intenso con il cinema (“Il cinema sintetizza il conflitto tra giorno & notte, sonno & veglia, conscio & inconscio, soggetto e oggetto, passato & presente”), compresa la stesura della sceneggiatura di HWY, trascrizioni di nastri registrati nonché le note dal processo per la famigerata notte di Miami, primo marzo 1969, lo zenith delle rivolte dei Doors e l’inizio del crepuscolo. L’intenzione pare ripercorrere le motivazioni di Jim Morrison: “dobbiamo cucire assieme tutte queste impressioni disperate” ed eccolo nel “deserto” affrontare i “crocevia” e i blues, e avvertire che “Chuck Berry che invecchia”, e poi tornare sulla strada tra un autostoppista e un killer in agguato, con “amanti & questuanti & partenti sì impazienti di piacere & scordare”. Non è difficile ritrovare spunti che poi riemergono espansi e ricollocati nelle canzoni dei Doors qui poste in un’appendice conclusiva, a ricordare che “la mente elabora meraviglie per un incantesimo, la lanterna respira illumina poi addio”. È la sua biografia (e quella dei Doors) in tredici parole, il resto è l’esilio nella notte infinita di Parigi.
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