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nel 2000, gli ultimi racconti di Raymond Carver non sono legati al suo
crepuscolo, anche perché nell’ultimo periodo della sua vita, come è noto, più
che alla narrativa, si è dedicato alla poesia che riteneva “una grande
benedizione”. Pur provenendo da periodi molto diversi, e si va dai primi passi
di Raymond Carver fino alla forma ottenuta con infinite revisioni, si ha la
sensazione che i racconti Se hai bisogno, chiama siano collegati da un sottile filo
conduttore. E’ senza dubbio frutto dell’accurato lavoro di lettura, correzione
e assemblaggio di Tess Gallagher e Jay Woodruff, che li hanno scoperti e poi
trattati con la necessaria esperienza e la giusta discrezione, ma è soprattutto
l’effetto di Carver e dei suoi personaggi, con cui viene spontaneo
identificarsi in modo viscerale. E’ proprio quello che succede quando si
incontrano lui e le sue legioni di outsider, così come lo spiega Tess
Gallagher, dato che nei racconti le vite dei protagonisti “sono talmente
depredate dalle circostanze da diventare nostre”. La spiegazione è più che
pertinente, e se questi “short cuts” raccolti in Se hai bisogno, chiama, non sono proprio indispensabili, perché
non aggiungono nulla di così nuovo ed eclatante alla conoscenza dell’opera
carveriana, sono comunque una valido compendio per completarne la conoscenza. Legna
da ardere, giusto per
andare in ordine, è una storia rarefatta e ombrosa in cui i tre personaggi,
Myers, Sol e Bonnie, sembrano specchiarsi uno dell’altro condividendo una
modesta abitazione vicino all’acqua. Un particolare ricorrente, e non è
l’unico: Carver dissemina (sempre) minuscoli indizi, piccole esche funzionali
al meccanismo narrativo, senza malizia, senza artificio. Non c’è nessun trucco,
questo si sa, solo piccoli semi sparsi per ricordare il sentiero, la strada del
ritorno verso casa, magari con “qualche incidente di percorso”, il più delle
volte l’alcol o un legame spezzato, che porta in direzioni impreviste e
sconosciute. Lo schema di Legna da ardere è riproposto da Vandali però con una doppia coppia, più un convitato
di pietra che sfugge al ricordo. L’incendio è soltanto una leggera distrazione
per illuminare il resto del racconto. Diverso è invece lo straziante rogo di Sogni, che mette a dura prova lo scrittore e
il lettore, tanto che la soluzione
sembra essere soltanto una. Come scriveva Raymond Carver: “Mettilo nel
tuo libro”, ed ecco fatto, come se il racconto in sé fosse in grado di
preservare i Sogni (appunto)
e circoscrivere il dolore. Un’arte, a cui servono pochi passaggi essenziali. E’
la distribuzione dei dettagli in Cosa vi piacerebbe vedere?, il ronzio del generatore e quello del
proiettore, piccole forme di attrazione, per segnalare che “a volte le cose
vanno per il verso giusto”. E’ la voce nella constatazione di Se hai bisogno,
chiama: “A distanza di
tempo sembra tutto così volgare e prevedibile, forse perché lo era, volgare e
prevedibile, ma quella primavera era quello che era e basta, e ci stava
consumando tutte le energie e la concentrazione, a scapito di tutto il resto”.
E’ Carver al 100%.
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