“La
verità è arida. La verità si capisce solo quando tutto il proprio mondo appare
come soffritto a fuoco lento finché non ne rimangono solo le informazioni
strettamente necessarie a separarlo dal mondo altrui” confessa Dennis Cooper in
uno dei passaggi fondamentali di Idoli. La verità è che ha visto l’inferno, ci è passato dentro,
“sembrava quasi amore”, e, ora, è qui a raccontarlo. Dennis Cooper è un autore
che non ha misure: il suo meccanico narrare di violenza e sesso, sesso e
violenza (che per lui sono indissolubilmente legati) scuote più di una
coscienza e, in effetti, l’abulia morale dei suoi romanzi, le assurdità
spiegate con una freddezza vicina al cinismo sono sufficienti a spiegare tanta
tensione e a concordare con lui sul fatto che “la realtà è troppo complessa per
lasciarsi decodificare da uno qualsiasi di noi”. Dal punto di vista narrativo,
monotonia e ripetività sono, nello stesso tempo, le sue armi e i suoi punti
deboli, tali da lasciar supporre una voglia di shock a tutti i costi e per tutti
i bisogni dello spettacolo. Un dubbio lecito visto il proliferare di scrittori
che non raccontano più di quello che ha già spiegato Vladimir Nabokov. Magari
aggiungono qualche particolare, d’accordo, un po’ di violenza in più, ma non è
questo il punto perché Dennis Cooper, almeno da quello che si riesce a capire
in Idoli, va oltre.
Affiorano dubbi: è vero che il paesaggio umano è sempre degradato ai minimi
livelli (anche peggio), ma a differenza di tanti altri votati a un approccio
superficiale, Dennis Cooper sembra accorgersi che sta raccontando e che, in
qualche modo, la sua è già una presa di posizione, un definirsi, probabilmente
un tentativo di venirne fuori. Con il contorno sonoro di Guided by Voices
(un’ossessione), Smear, Sebadoh, Lemonheads, Blur che già evocano un paesaggio
fluttuante ed evanescente, le realtà formate dagli acidi e dalla noia assumono
il centro di gravità, lasciando a “qualsiasi potenziale problema insito
nell’avere rapporti con gli altri” il ruolo di “effetti collaterali irrilevanti”.
Gli Idoli si formano
in quelle particolari orbite e in modo altrettanto repentino scompaiono perché
l’alter ego di Dennis Cooper dice: “Chi distruggo nel corso della narrazione
per me non ha importanza. Vorrei solo essere in grado di fare lo stesso in questa
vita molto meno plasmabile che stiamo iniziando a vivere insieme”. Questa è la
frattura, la ferita dentro Idoli
e sembra confessarlo lo stesso Dennis Cooper un passo più in là: “Scrivo
romanzi che sostanzialmente sono soltanto descrizioni prolisse e involute dei
mondi dei miei desideri, insoliti e utopici, in cui realisticamente non sono in
grado di entrare”. Idoli,
pur non spiegando nulla, mostra che l’inferno di Dennis Cooper, per folle e
arido che sia, è soltanto una cellula e che tutto intorno c’è qualcosa che non
funziona perché ammette: “Tutta la bellezza del mio mondo è addormentata, priva
di sensi o cadavere”. Durissimo, sincero: Idoli è un libro da prendere con le pinze e
con i guanti, ma che affronta la realtà con gli occhi spalancati e senza paura
di niente.
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