Già
nel suo nome Irving Berlin Pickett contiene l’essenza tutta americana di Correndo
sul filo, quella
sensazione in gran parte sconosciuta e poco assimilata, di essere in bilico
fotografata tra gli altri da Don DeLillo in Falling Man e da Colum McCann in Questo bacio
vada al mondo intero e,
per altri versi, da Richard Ford in Lo stato delle cose. Thomas McGuane ci mette del suo nel
leggere l’America dopo l’11 settembre, “una di quelle alterazioni che cambiano
la nostra visione della vita”. Irving Berling, come è noto, è l’autore
dell’inno nazionale americano, God Bless America, che è stato anche il primo pensiero, il
più spontaneo e il più diffuso, quando dalle macerie delle Twin Towers è emersa
la percezione di essere “governati dalle delusioni collettive della comunità”.
Dal punto di vista di Thomas McGuane e del suo alter ego in Correndo sul
filo, una visione
tutt’altro che apocalittica: “L’attacco a New York era molto simile a una morte
in famiglia. Una morte in famiglia raramente viene vissuta come un evento.
Viene vissuta come un cambio di stagione, come la fine dell’estate, o un’ondata
di maltempo. Una morte in famiglia ci avvicina di più alla morte. La religione
non ha reso la morte meno minacciosa: resta un mondo in cui preferiamo non
inoltrarci”. Essendo medico Irving Berlin Pickett conosce la delicata fragilità
degli esseri umani e ha capito che “da allora sembra abbiamo perso uno strato
di pelle” solo che non ha voluto cedere nulla della sua spontaneità. Essendo
stato iniziato molto presto al linguaggio primordiale e istintivo del sesso,
mantiene una sensibilità selvatica che lo rende unasorta di Forrest Gump visto
che per sua stessa ammissione si definisce “uno strano miscuglio di competenza
e imbecillità. Fin dall’infanzia molte cose mi avevano insegnato che essere
imbecilli è un modo estremamente efficace per sfangarla in America”. La
definizione spiega molto, se non tutto, di Correndo sul filo ed è mpossibile non nutrire
un’epidermica simpatia per questo protagonista “irritabile, ipercritico, ossessivamente
ordinato, claustrofobico, impaziente, asociale e agorafobico, pieno di paure
immotivate, pessimista e pedante”. L’autoritratto serve a introdursi nella
sequenza infinita di personaggi che popolano Correndo sul filo: Irving Berlin Pickett è capace di
riunire in una piccola smalltown tutta una popolazione di uomini e donne in
cerca di un’identità o soltanto di un posto dove stare e quella volubile gamma
di incontri e scontri lo porterà alla conclusione che “non serve un accidenti
di niente trovare difetti nella natura umana, tanto prima o poi li trovi in te
stesso”. Rocambolesco, eccessivo, ironico e divertente Correndo sul filo è anche disordinato e ripetitivo in
alcuni frangenti, come se Thomas McGuane stesso non fosse riuscito a tenere il
passo delle acrobazie e delle evoluzioni del suo personaggio e della
caleidoscopica accolita, ma resta comunque una bella riflessione sulle mutevoli
forme della fede, del sesso, dell’amore, dell’amicizia, di quello che serve per
vivere.
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