C’è qualcosa di acerbo e sensuale nelle Poesie del Mississippi del giovane William Faulkner, attratto dalle forme femminili non meno che dalle curve della natura e dalle possibilità ancora inesplorate della scrittura. Eccessivo, romantico, trascinante, criptico, il poeta William Faulkner si lascia incantare dalle parole e ricambia e condivide questa gioia con il lettore. Siamo nel campo dei pruriti giovanili, ma la classe è già chiarissima: è vero che a questo stadio le pulsioni e gli eccessi sono gli stessi per tutti, a quell’età, e la morte, e l’amore (e il sesso, soprattutto), ma per William Faulkner si nota già una ruvida precisione che è una certezza. E’ facile dirlo in prospettiva e dopo che la sua voce è diventata una delle tonalità più forti e intense (per non dire immortale) della letteratura americana. Per quanto ancora in embrione, ed espressione di quello che William Faulkner chiama “un desiderio brillante ed elevato”, il tratto è già nitido, pronto, sicuro e le sue Poesie del Mississippi sono un fulgido esempio, con tutti i loro limiti, di un talento chiarissimo e fertile e senza paura. I suoi versi sono imperiosi e floridi, intrisi di quelle colorite associazioni che saranno la fortuna di generazioni e generazioni di scrittori e songwriter. Basta uno dei versi di Marzo per cogliere lo spirito delle Poesie del Mississippi: “Nella notte d’inverno all’uomo può sembrare caldo perdono di vecchi peccati che commise, di incantare la nave del sangue coi feticci, dimentico che lui, essendo nato, ne è erede”. O ancora, un passaggio in Il poeta diventa cieco: “Dal mondo il vento mi soffia sulla guancia, formando colline non viste, e io dispero. Sei forte: odio c’è, e paura su cui fracassare il tuo potere! O lasciami occhi per cercare, per dotare il cuore d’ali attraverso aria cava d’oro”. I richiami agli elementi sono un altro filo che lega le Poesie del Mississippi perché le passioni viscerali di William Faulkner comprendono “l’amore per la natura che ci sta intorno, da scrutare e da trascrivere”. Poi, più in là, sembra quasi accorgersi che lo strumento non sia quello giusto e prima ammette che “ciò di cui credi di morire passa presto: lascia stare quel che non puoi ricucire” e poi sembra arrendersi: “Sia dunque questo il mio destino, se mi scordo che una primavera c’è e sa ancora rompere il mio sonno”. La poesia non concede margini, è un taglio chirurgico e musicale nello stesso tempo e William Faulkner confesserà, in seguito: “Sono dell’opinione che in principio ogni scrittore voglia essere poeta. Quando scopre di non saper scrivere poesia di prim’ordine, e la poesia deve essere di prim’ordine, di gradazioni non ne esistono, allora tenta con i racconti, che sono il secondo genere più arduo. Quando fallisce con i racconti, viene il momento del romanzo. Vale a dire che cerca di esprimere la tragedia e la passione dell’esperienza, della vita, con quattordici parole. Se non va, ci ritenta con duemila parole. Se fallisce di nuovo, gliene serviranno centomila”. Ecco cosa sono le Poesie del Mississippi: un bel fallimento, all’inizio di un grande carriera.
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