Nel nome della città, Coyote Crossing, c’è già il grumo denso e pensoso che Victor Gischler nasconde nella frenesia degli effetti speciali della sua scrittura. Nel gergo del border il coyote è la guida, si fa per dire, che conduce gli immigrati dal Messico verso il Norte ed è attorno a un traffico di disperati che si sviluppa tutta la Notte di sangue di Coyote Crossing perché Victory Gischler è divertente, caotico e giocoso nel superare i confini tra western e noir, come nota Don Winslow, ma è anche attento a non sfuggire la realtà. Per cui nella Notte di sangue di Coyote Crossing oltre alla desolazione dell’immigrazione illegale, l’atmosfera è delineata da un paesaggio è “white trash”, un sottoproletariato con poche o nulle speranze, se non la fuga dalla smalltown dove tirano a campare, tra lavori di infima categoria (il massimo, sembra di capire, sarebbe spararsi due ore di strada al giorno per andare a fare l’operaio in un’industria di fertilizzanti) ed esistenze ai margini della legalità. Se poi in un ambiente che è sempre sull’orlo della crisi di nervi si immettono la criminalità organizzata e gli sceriffi corrotti la miscela si accende da sola per autocombustione. A farne le spese è Toby, un loser da quattro soldi con un passato da chitarrista in mediocri rock’n’roll band (anche la musica che segue del resto non è il massimo: Weezer, Garbage, Blind Melon sono i nomi che s’incontrano strada facendo) e un presente di aspirante sceriffo, padre di famiglia e concubino di una minorenne, giusto per completare il quadro. Un impiastro che riesce a cavarsela, almeno dal punto di vista ideale, con una punta di inevitabile fatalismo, espresso così: “C’è chi viene reso più forte dalle avversità, così come dalle delusioni e dalle sciagure, e c’è chi diventa più stronzo. Sono i casi della vita e nessuno ne è immune, che sia una vecchia o una messicana infuriata o un aiuto sceriffo part-time. Fai girare la ruota, e prendi quello che arriva”. Victor Gischler scrive con il senso dei fumetti o più in generale delle immagini in testa ed è un susseguirsi di colpi di scena senza un attimo di respiro perché Toby Sawyer dopo aver subito per gran parte della Notte di fuoco a Coyote Crossing decide che è ora di restituire colpo su colpo. In realtà, un vero loser non sceglie mai e infatti la svolta arriva per inerzia se non proprio per stanchezza perché c’è un limite anche a fare da punching ball per una famiglia di bifolchi inferociti. La progressione è un tourbillon di inseguimenti, sparatorie e continui rovesci di fronte con Toby Sawyer protagonista assoluto e sempre nel centro del mirino. Tutto l’armamentario dei cliché delle storie d’azione, dall’assedio del suo trailer prima e della stazione di polizia ai fucili a pompa, è preso da Victor Ginschler che poi lo ricicla, lo rimescola e lo frulla a una velocità anfetaminica. L’effetto è tale che, pur senza particolari ambizioni letterarie, si resta incollati dalla prima all’ultima pagina dove, come richiesto dallo stile, arriva un finale impeccabile.
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