Rimasto incompleto (ma non incompiuto) per la scomparsa di Ralph Ellison, Juneeteenth o Il giorno della libertà è stato accuratamente ricostruito da John F. Callahan seguendo le note lasciate dal grande scrittore afroamericano. Un romanzo a più voci, complesso e bellissimo. Al capezzale del senatore Adam Sunraider, ferito in un attentato, arriva il reverendo Alonzo Daddy Hickman. Uno bianco, l'altro nero cominciano a parlare e con le loro voci ricostruiscono il volto di una nazione, di una storia, di una libertà. Il ritmo è quello di “un jazzista che crea un tema musicale tramite un incontrollato scintillio di metamorfosi” e la musica, in particolare, i suoni afroamericani è una traccia che non bisogna mai perdere seguendo Ralph Ellison perché “noi sappiamo dove siamo dal modo in cui camminiamo. Sappiamo dove siamo dal modo in cui parliamo. Sappiamo dove siamo dal modo in cui cantiamo. Sappiamo dove siamo dal modo in cui danziamo”. Lo scrive in uno dei passaggi più importanti di Il giorno della libertà, un romanzo a cui ha dedicato tutta la sua vita dopo Uomo invisibile (il suo capolavoro): “l'azione si svolge alla vigilia del movimento per i diritti civili, ma preannunzia il caos che sarebbe sopraggiunto più tardi” annota Ralph Ellison e nel complesso dialogo tra i due protagonisti, il senatore (bianco) Adam Sunraider e il reverendo Alonzo Daddy Hickman. La cui identità, guarda un po’, coincide con l’anima di un jazzista perché nella “considerazione” di Ralph Ellison “un grande leader religioso è una maestro di estasi. Evoca emozioni che vanno al di là del razionale e sfociano nel mistico. Un musicista jazz fa qualcosa di simile. Tramite la manipolazione del suono e del ritmo, libera movimenti ed emozioni che gli consentono di trascendere la realtà quotidiana”. Da quel rapporto prende forma una sorta di rilettura di un’intero, confuso concetto di nazione e di appartenenza che è il tema dichiarato di Juneteenth, “un romanzo sull’americano senza radici, prodotto della nostra solitudine. Su coloro che ripudiano il loro vero io a favore di una qualche illusione, che, mentre si proclamano democratici, hanno sete e fame di aristocrazia. Su coloro che diventano attori e truffatori, capipopolo, lestofanti, e maligni distruttori della nazione”. Ralph Ellison non concede tregua e, dopo aver individuato le vere differenze, che non sono quelle tra bianco e nero, è esplicito nello schierarsi: “Essi possono ridere ma non possono negarci. Possono maledirci e ucciderci, ma non possono distruggerci tutti. Questa terra è nostra perché da questa terra noi siamo usciti, in questa terra abbiamo versato il nostro sangue, le nostre lacrime l’hanno bagnata, con i nostri morti l’abbiamo concimata. E così, quanto più vi distruggono tanto più essa di riempie dello spirito della nostra redenzione”. Per questo Il giorno della libertà è un perenne work in progress “perché se c’è una cosa che siamo costretti a imparare è che l’uomo, nei suoi momenti migliori, è vicino al sublime proprio quando si trova immerso in tutto il sudiciume e la confusione della vita, eppure continua a lottare per i suoi ideali”. Lucidissimo e sempre attuale.
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