Questa raccolta è un piccolo scrigno che contiene molti indizi importanti: quando Francis Scott Fitzgerald e Zelda cominciano a vivere oltre le loro possibilità, confidando nel futuro e nel successo (due variabili che più instabili non si può) mettono i primi semi che poi fioriranno, acidi e amari, nell’evolversi della Lost Generation. Fiducioso, oltre ogni ragionevole dubbio, nelle sue aspettative, più che nelle sue concrete disponibilità, Francis Scott Fitzgerald non solo si crede ricco, ma anche in grado di reggere la partita con chi l’economia e la finanza la respira, la mastica, la giostra secondo per secono. I primi guadagni della sua scrittura (peraltro meritatissimi) lo spingono a credersi uno di quei uno dei quei “masters” che reggono le sorti del mondo dal country club o dai foyer dell’opera. Un tenore di vita che, scrivendo racconti e sceneggiature, ma fosse anche un romanzo dopo l’altro di grande successo (che dovevano ancora arrivare) si può sostenere per qualche settimana ed è quello che accade a Francis Scott Fitzgerald e a Zelda che si ritrovano a riflettere sui propri bilanci in modo da venirne a capo. Il loro tentativo di imporsi un rigore è vacuo ai limiti del ridicolo: rinunciare alle costose comodità e al lusso a cui si sono abituati è uno sforzo immane e mantener quello stile di vita è possibile soltanto con una continua e fantastica divagazione sopra la freddezza dei numeri e fuori da ogni contesto razionale. Se ne accorge lo stesso scrittore che dice sconsolato: “In quell’istante stesso mi apparve chiarissimo uno dei capisaldi dell’economia: l’ampiezza di scelta è direttamente proporzionale alla liquidità”. Piuttosto che cambiare attitudine, alla fine optano per trasferirsi in Francia, dove, come hanno saputo da altri amici in volontario esilio, il costo della vita è più congeniale alle loro aspirazioni. Eppure visto che entrambi si perdono tra i conti, dovrebbero sapere che cambiando la posizione degli addendi, la somma non cambia. Lo stesso Francis Scott Fitzgerald annota in questo suo spicciolo e caustico diario economico che “non ci si accontenta d’andare in giro per il mondo: noi americani siamo abituati ad avere tutte le comodità, così pretendiamo sempre il meglio, e naturalmente dobbiamo pagare”. Arrivati in Francia, non fanno che mettere in pratica questa semplice verità e se all’inizio hanno “l’impressione di poter davvero vivere praticamente con niente” ben presto le risorse svaniscono perché l’impressione è proprio quello che è: poco meno, poco più di un miraggio. Allora non bastano nemmeno 36.000 dollari all’anno e arrivato al capolinea Francis Scott Fitzgerald userà un pietoso sotterfugio affermando di essere rimasto “senza soldi ma senza rimpianti”. Non collima proprio con la verità perché la sua storia, e quella di Zelda è stata marcata dalla vocazione all’eccesso ed è una costellazione di “ups & downs” che portò prima ondate di delusione, poi l’inevitabile e fatale disagio. Forse è cominciato tutto qui.
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