Terra di nessuno, paesaggio desertico, zona di confine tra gli Stati Uniti e il Messico, ma anche metaforica frontiera tra legalità e illegalità, e tra la vita e la morte: sono queste le coordinate che incrocia il Meridiano di sangue, e che ci consegnano Cormac McCarthy come l'ultimo dei grandi narratori dell'epopea del West americano. Sono gli stessi panorami, crudeli e selvaggi della Border Trilogy, e di Oltre il confine in particolare, con cui Meridiano di sangue condivide anche il personaggio centrale (che è sempre un ragazzo che deve diventare uomo). la violenza spietata di fuorilegge, sbandati e delle tribù indiane in guerra; il racconto della vita e del wildlife americano. Meridiano di sangue è, probabilmente, più duro: il ragazzo protagonista viene iniziato alla vita da una banda di cacciatori di scalpi che attraversa indifferentemente la frontiera a caccia di indiani e degli avversari più disparati. Personaggi misteriosi e inquietanti compongono la strana armata: un giudice che sembra avere tutte le soluzioni del mondo, un comandante folle e sciagurato, uno spretato. Volti picareschi che diventano feroci combattenti al momento giusto, cioè non appena i profili delle loro prede si delineano all'orizzonte. E allora si scatenano senza remore, parti integranti del paesaggio e dell'asprissima natura del deserto e la violenza rivela tutta una sua speciale democrazia perché le vittime “nelle mani dei loro barbari ospiti non avevano avuto né favore né discriminazione, ma avevano sofferto ed erano morti imparzialmente”. Ma è facile passare da cacciatori a cacciati e Meridiano di sangue, nella sua perfida bellezza, non smette un attimo di sottolinearlo, come si legge in uno dei tratti salienti del romanzo di Cormac McCarthy: “Ognuno di noi sapeva che da qualche parte in quella terra dimenticata da Dio c'era un torrente in asciutta o un cul-de-sac o magari un semplice mucchio di rocce dove prima o poi ci avrebbero inchiodati con le nostre pistole scariche”. Violento come un film di Sam Peckinpah, immaginifico come un libro di William Faulkner (l'autore a cui più spesso viene paragonato Cormac McCarthy), secco e asciutto come una canzone di Ry Cooder (o dei Los Lobos), Meridiano di sangue appartiene al border, la frontiera tra Stati Uniti e Messico, come il border stesso. Forse è vero, come si legge tra le righe di Meridiano di sangue che “nessun uomo può mettere tutto il mondo dentro un libro” però Cormac McCarthy, rispolverando un’epopea importante e significativa di tutta la cultura americana con un’arte narrativa ricca di colori, sfumature, personaggi, e più vicina alla vita che alla letteratura, ha saputo creare e/o ricreare almeno un mondo, in cui hanno trovato voce quei desperados che, una resa dei conti dopo l’altra, arrivano a capire che “il destino di ogni uomo è grande come il mondo che abita, e contiene in sé anche tutti gli opposti”. Una rivelazione dai toni biblici, tra le tante, che fanno di Meridiano di sangue una pietra miliare. Fondamentale.
Un libro cult, un grande libro, per me è stato un punto di non riotrno per capire certe cose, l'ho letto un pò di anni fa e ancora non ho il "coraggio" di rileggerlo. La tua recensione gli rende il merito che contiene.
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