lunedì 9 giugno 2025

Anne Rice

A New Orleans è “come se la notte fosse durata mille anni” ed è dove i vampiri hanno avuto terreno fertile, attingendo all’immane martirio della schiavitù, un’ombra pesante che aleggia sulla città e su tutta l’America. Se questo è l’ambiente che li ha ospitati, le origini sono molto più complesse, tanto è vero che il lugubre interpellato, Louis de Pointe du Lac precisa subito: “Ci sarebbe una risposta molto semplice. Ma non credo di aver voglia di dare risposte semplici”. Ben presto, l’intervista si trasforma in un lunghissimo monologo dove vengono espresse tutte le particolari condizioni esistenziali dei vampiri. Si rivelano esseri tribolati, malinconici, feroci e prigionieri di una decadenza infinita. Le architetture che di volta in volta  abitano e affrontano riflettono la loro identità, l’afflizione che coltivano lungo una falsa eternità e va detto che i vampiri sono una realtà molto complicata. Intanto non sono reali, appartengono a una dimensione parallela, non priva di contraddizioni e di paradossi e Intervista col vampiro in questo è una specie di vademecum dettagliatissimo che va oltre gli aspetti più spaventosi perché, “uccidere non è un atto qualsiasi” e “non si tratta solo di rimpinzarsi di sangue”, ovvero l’atto che li distingue “è l’esperienza di un’altra vita, della perdita di quella vita, attraverso il sangue, lentamente; è rinnovare il ricordo della perdita della mia propria vita”. In cerca della genesi dell’enigma, Louis, accompagnato da Claudia, una bambina che lui e Lestat hanno trasfomato in vampiro, lascia New Orleans per addentrarsi nell’Europa centrale. È un viaggio atlantico ed è anche una sorta ritorno a casa, ma in Transilvania, i miti e le leggende che popolano i villaggi non risolvono il mistero, anzi, lo rendono ancora più acuto. L’angoscia di Louis e la sete di conoscenza di Claudia si scontrano con “la stessa solitudine, la stessa condizione senza speranza. Tutto sarebbe andato avanti come prima, sempre, sempre”. Nelle lunghe e cupe giornate dei Carpazi, capiscono che “non c’era tempo, non c’era ragione”, ma non si arrendono. La meta successiva è Parigi dove si scontrano con una comune vampiresca, piuttosto ambigua vista l’indole solitaria, e ritrovano Lestat che muore e risorge più volte, e ritornerà ancora nella sanguinosa saga di Anne Rice. Mentre il racconto si dipana con atmosfere che ricordano i dipinti di Bruegel, Dürer e Bosch che nell’Intervista col vampiro rappresentano “le ultime vestigia dell’umanità”, nel legame tra Claudia e Louis diventa difficile stabilire cosa sia l’amore per i vampiri (per cui è tutto un assoluto), al punto che lui confessa: “Rimpiango solo di non essere stato più attento alla trasformazione”. Si scopre così che i anche vampiri hanno una sensibilità, e sanno notare “un fiammifero acceso nell’altra stanza, un’ombra che balza all’improvviso alla vita, quando luce e buio si animano dove non c’erano che tenebre”. Intervista col vampiro ne indaga a fondo l’essenza elencando tutta una simbologia legata a generazioni di vampiri che si susseguono e si alternano nel protrarre nei secoli una desolazione infinita. Sì, si comprende l’intensa sofferenza ma alla fine la natura dei vampiri è quella che è, e lo scoprirà anche l’improvvido intervistatore. Condannati “a un tempo vuoto ed eterno” a cui non c’è consolazione, “nessun segreto, nessuna verità, solo disperazione”, sono una tragica deviazione, o forse “solo un’illusione, causata da quel luogo assolutamente selvaggio che era la Louisiana”, dove, infine, ritornano tutti. Sono molto umani, ma “gli uomini erano capaci di una malvagità di molto superiore a quella dei vampiri”, e su questo non c’era dubbio fin dall’inizio.

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