venerdì 18 aprile 2025

Glendon Swarthout

Per anni, l’illusione del West è stata un’attrazione magnetica, alimentata da campagne promozionali assillanti per favorire le migrazioni da una costa all’altra. La leggenda, come la descrive Jonathan Raban in Bad Land, aveva tutta l’aura di “un mondo di avventure solitarie ma edificanti, di poveri pastorelli che diventano presidenti, di eroi puri e leali, una terra dove una stella ammiccava in permanenza sull’orizzonte del West e dove la miseria e le malattie mettevano semplicemente alla prova la tempra americana”. Un miraggio, nella forma e una truffa nazionale nella sostanza: le concessioni governative erano un azzardo e la terra promessa si rivelò ben presto un habitat selvaggio, ostico e durissimo. Il clima estremo, dettato da lunghi e gelidi inverni, privazioni, fatiche e dolori insopportabili a cui bisogna aggiungere, su tutto, la paura (delle belve, degli indiani, dei banditi) e il rischio costante del fallimento sono stati i limiti, per usare un eufemismo, della colonizzazione del West. Il prezzo l’hanno pagato soprattutto le mogli, le madri, le figlie che hanno dovuto sopportare l’impossibile, e non sempre ce l’hanno fatta, e sono state dimenticate. Con L’accompagnatore, Glendon Swarthout, pare restituire almeno il decoro della memoria raccontando il ritorno a casa di un gruppo di donne impazzite. La comitiva è organizzata su un insolito carro a scatola tirato da due muli e guidato da Mary Bee Cuddy che si è offerta, con tutta la sua generosità, per il ruolo di guida. Come capirà ben presto l’altruismo da solo non basta e non è la soluzione così quando, per un caso fortuito, si imbatte in George Briggs ovvero L’accompagnatore lo convince a seguirla nella missione. È una figura emblematica: disertore, ladro, giocatore d’azzardo, pistolero la segue soltanto per salvarsi dall’impiccagione e per la ricompensa che lei gli promette. Insieme devono passare una serie di prove, oltre ad accudire le povere creature folli e indifese che trasportano nel carro: gli indiani, i ladri, la fame, il freddo sono gli ostacoli principali come se fosse una migrazione biblica. Alcune riescono a superarle, grazie all’astuzia e all’esperienza, ma il viaggio mette entrambi i conduttori davanti al proprio destino. La trasformazione dei protagonisti e del loro rapporto è il volano del romanzo che poi vive delle immagini di Glendon Swarthout, che ha un occhio cinematografico capace di condensare paesaggi ed esseri umani. Mary Bee Cuddy e George Briggs devono ricorrere a tutte le possibilità per riuscire nell’impresa e, se per lui è in gioco soltanto la sopravvivenza, per lei c’è qualcosa di più, e lo si nota quando lo avvisa: “Magari non ora, ma un giorno, quando le avremo portate a casa sane e salve, comprenderete che impresa grandiosa e gloriosa avrete compiuto. A parte i soldi, potrebbe essere l’unico atto di altruismo che avrete mai fatto”. A quel punto non manca molto alla destinazione e  L’accompagnatore si riserva un altro gesto quando i gestori di un albergo sorto "in the middle of nowhere" con lo scopo di accogliere investitori e speculatori della frontiera respinge lui e le donne, tutti ormai ridotti a ombre vaganti nelle praterie. La sua reazione, figlia di un istinto guerriero mai sopito, risalta come una vendetta per l’inganno dei territori del West, un mito falso e ingannevole durato troppo a lungo.

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