L’intelligenza è un desiderio assoluto che Charlie Gordon associa con molta spontaneità alla conoscenza e, in particolare, alla scoperta di sé e di una nuova consapevolezza della propria persona. Per più di trent’anni della sua vita è rimasto prigioniero della sua ingenuità e delle sue lacune, poi viene coinvolto in un tentativo di cura e di modifica delle attività cerebrali, destinato a rivoluzionare la cultura scientifica. Le intenzioni sono ammirevoli ed è in buona compagnia perché lo stesso procedimento è applicato a un simpatico topolino, Algernon. La modifica dell’intelligenza per via chirurgica e farmacologica però è instabile e provvisoria, come si scoprirà, ma sono più problematiche le alterazioni sociali che provoca nell’immediato. All’inizio Charlie non riesce a scrivere neanche in modo sensato, nonostante l’impegno. Terminare una frase è una tortura, ortografia e grammatica neanche a parlarne. Poi comincia a prendere padronanza delle principali proprietà della conoscenza, i progressi si fanno via via più importanti e sempre più veloci. Il diario comincia a diventare comprensibile. Per Charlie Gordon, la rinnovata intelligenza e la fame di conoscenza sono una corsa nel vuoto e un cambiamento troppo radicale. Prima ribalta la sua condizione di garzone in una panetteria, con conseguenze imprevedibili, poi lo sviluppo delle capacità intellettuali lo porta da cavia a testimone del suo esperimento, e ancora più avanti. Un salto di qualità che lo renderà in grado di esprimersi “a proposito delle varianti culturali e della matematica neo-bouleana e della logica post-simbolica”. Più di tutto, la nuova capacità intellettiva lo spinge a recuperare ricordi ed emozioni sepolte nel passato, compiendo un viaggio a ritroso nel tempo, verso le sofferenze famigliari, fino a ritrovare la madre e il padre e a confrontarsi con i traumi dell’infanzia (compreso l’elettroshock) e con quello che riemerge dai ricordi e nei sogni. L’associazione imperfetta tra intelligenza e subconscio tende ad alimentare i conflitti in modo esponenziale e a quel punto le reazioni sono incontrollabili. Charlie si trova ad affrontare l’inarticolato linguaggio dell’amore (e del sesso) con Alice e Fay e diventa un’incognita anche per il professor Nemur e il dottor Strauss, i fautori del test. Le modifiche chimiche hanno un funzionamento repentino in entrambi i sensi e questo vale anche per Algernon. Sono tutti e due cavie, ma Algernon non ha il dono e il peso dell’evoluzione del linguaggio e di conseguenza dei rapporti umani. Resta barricato in un angolo. L’intelligenza è limitata nel tempo, il progresso è retroattivo e il ciclo, tanto veloce quanto inverso, si completa con l’involuzione di Charlie che ben presto torna a essere la persona limitata di prima. A sottolineare l’ultimo passaggio è ancora il legame con il piccolo topo: all’inizio c’era la competizione, poi la condivisione dello stesso, amaro destino, fanno di Fiori per Algernon un romanzo che tocca in profondità l’animo dei suoi protagonisti e, a distanza di mezzo secolo, pone degli interrogativi sull’intelligenza che sono sempre più attuali. Daniel Keys ha saputo concentrare tutta una spirale di speculazioni scientifiche e filosofiche in personaggi indimenticabili, a partire da Charlie Gordon, va da sé, che impongono a Fiori per Algernon un ritmo incessante e ipnotico e gli conferiscono la statura di un classico che, una lettura dopo l’altra, si rivela ogni volta più grande e importante.
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