Secondo Stephen King, la letteratura per Harlan Ellison “è ed è sempre stata un nervoso groviglio di contraddizioni”, e ciò dipende dalla capacità di vedere altrove, di rispondere e corrispondere alle Visioni che fluttuano nel tempo e nello spazio, indagando simboli e miti di società distopiche del futuro che somigliano molto a quelle del passato e del presente, senza nascondere un’aperta avversione per la violenza, il controllo e, in definitiva, l’esercizio del potere. Il voluminoso complesso dei racconti di Visioni consente di avere una copertura totale delle tematiche attraversate da Harlan Ellison, a partire dal rapporto con le macchine, in particolare in Non ho bocca, e devo urlare o in 480 secondi, o la città condannata, dove l’ammirazione per i robot è palese: “Piccoli individui di metallo e plastica. Ho sempre provato simpatia per loro. Volete sapere perché? Chiedono così poco e danno tanto. Sono così gentili che a nessuno potrebbe venire in mente di essere crudele con loro, e perciò la loro è una vita felice. Sono soddisfatti del loro lavoro. Anche se voi non ci siete più le ruote del commercio continuano a girare per opera loro”. Ancora di più in Stazione di soccorso, dove l’uomo e l’automa destinato ad aiutarlo sono entrambi guasti e intrappolati in una sfida mortale, che sfida le regole di Asimov. Il rapporto con il futuro e con la mitologia è un continuum spazio-temporale parallelo all’ossessione per la diversità e l’alienazione che si vede nei personaggi richiamati di volta in volta: Arlecchino, la revisione di Jack lo Squartatore in L’ombra in caccia nella città sull’orlo del mondo, (“Siamo una cultura che crea i suoi assassini e i suoi mostri e poi fornisce loro l’unica cosa che Jack non è mai riuscito ad avere: la realtà”), un viaggio di Gulliver nell’era dei talk show in Ma guarda, un uomo in miniatura, ma anche Django dedicato a Django Reinhardt e ai maquis francesi, fino alla celebrazione di Anubi. È l’apologia per Gli svitati o Gli scarti, dove “ciascuno pensava d’essere meno orribile e ripugnante degli altri”, e l’emarginazione da sistemi omologati e oppressivi diventa un’indispensabile via di fuga. La scrittura è friabile, pop, effervescente, psichedelica (e, sì, contraddittoria), ma ricchissima nel collocare i dilemmi filosofici, i rapporti con creature di altri universi (Il cielo sta bruciando), le mutazioni del nostro pianeta, raccontate con proprietà scientifiche efficaci quando Harlan Ellison spiega Il morso della seggiola e racconta degli “gu” o di uomini e animali parlanti in Un ragazzo e il suo cane, un racconto paradossale in una città devastata dai combattimenti. C’è comunque una guerra che ha distrutto tutto e in Fenice, o Soldato, il senso antimilitarista e pacifista di Harlan Ellison affiora nitido: le sue Visioni sono “un universo oscillante”, ma il valore aggiunto della fantascienza diventa il carburante di una percezione critica. La costruzione dei racconti segue uno schema consolidato, ma non per questo privo di sorprese, perché riguarda sistemi che sono diventati incontrollabili. Le dimensioni si dilatano, le forme mentali e quelle reali tendono a sovrapporsi e a intersecarsi: per esempio, Nel quarto anno di guerra in realtà non parla di un conflitto armato, ma una presenza nella mente, uno scontro schizofrenico, che trasforma una persona in un killer. E così ogni storia è un tuffo senza rete in direzioni impensabili, che Harlan Ellison mostra con nonchalance e nella somma di tutti i racconti il paradosso diventa una logica stringente: “Qualunque cosa avessero pensato di essere, qualunque forma di arroganza avesse dato origine ai loro sogni, ora era giunta ai suoi ultimi momenti e, dopo quei momenti, non c’era nulla. Niente spazio e niente tempo, niente vita e niente pensiero, niente dei, niente resurrezione e niente rinascita”. Le Visioni di Harlan Ellison conservano e tramandano un grande scrittore, capace di forzare l’immaginazione a esplorare mondi impossibili, mondi che non finiscono mai, o che finiscono un’infinità di volte perché contengono “un germe di pensiero” che ci accompagna in dimensioni dove gli esseri umani si rivelano per quello che sono: fallibili.
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