Coprendo un arco temporale che va dal 1969 al 2001, La risurrezione della rosa è una validissima panoramica della saggistica di Wendell Berry, soprattutto perché sottolinea la coerenza dello stupore che l’ha sempre distinto, consapevole del fatto che “è privilegio e opera dell’apprendista della creazione pervenire con l’immaginazione all’inimmaginabile e con la parola all’ineffabile”. Una posizione in cui viene spontaneo collezionare alcuni interrogativi, molto semplici nella loro espressione, eppure ancora tutti da affrontare: “Che cos’è questo luogo? Che cosa c’è in esso? Qual è la sua natura? Come dovrebbero viverci gli uomini? Che cosa devo fare? Non ho trovato le risposte, anche se credo che abbiano cominciato ad affiorare, in modo parziale e frammentario. Ma le domande sono più importanti delle risposte. In ultima analisi non hanno risposta”. Wendell Berry lo scriveva nel 1969 e cinquant’anni dopo, quelle questioni rimangono comunque irrisolte perché siamo dominati dall’idea che “di fronte all’abbondanza si deve consumare abbondantemente, idea che si è protratta fino a diventare la base della nostra economia. Non è naturale né civilizzata e anche da un punto di vista pratico è abbruttente e stupida in sommo grado”. Questo è il punto di partenza delle considerazioni di Wendell Berry che nascono nelle sue immersioni nell’ambiente, lungo La collina natìa, dove “ogni volta che si percorre un certo tratto di campagna con una certa frequenza, sia pure vagabondando a caso, si impone sempre la tendenza a farne un’abitudine. Alla terza o quarta volta, senza rendersene conto, si segue un sentiero fisso, rifacendo la strada già fatta. Dopo di che, si può sempre vagabondare, ma per scelta, e quanto occorre affrettarsi, o quando è più la mente dei piedi a vagabondare, si ritorna sulla vecchia strada. È nata la familiarità. Si è creato un rapporto con il paesaggio e la forma, il simbolo e la reificazione del rapporto è il sentiero”. Forse è La natura come misura (titolo di un articolo del 1989) che può e deve ridare prospettiva all’agricoltura, al paesaggio, al “contesto” dell’economia locale e non, perché, in definitiva,“le persone sono legate alla terra dal lavoro. Terra, lavoro, persone e comunità sono tutti compresi nell’idea di cultura”. Wendell Berry non si nasconde nei boschi, anzi: la sua contrarietà alle logiche industriali, applicate all’agricoltura come altrove, è netta e continua lungo tutte le esternazioni raccolte in La risurrezione della rosa, e giunge ad affermare che “è sempre più difficile sostenere l’esistenza, o il diritto all’esistenza, di una cosa o di un’idea che non vende. È anzi sempre più chiaro che abbiamo sostituito il vecchio mercato in cui si vendevano esseri umani con un nuovo mercato in cui gli esseri umani vendono se stessi”. Un tema che ritorna con maggiore decisione raccontando il Il dissesto dell’America (1977) dove Wendell Berry evidenzia la nitida dicotomia tra “sfruttamento e nutrimento” e, ancora di più, in Spreco (1989) dove sostiene che “la verità è che noi americani, tutti noi, siamo diventati una sorta di spazzatura umana che vive la propria vita nel mezzo di un onnipresente, infernale caos di cui siamo al contempo le vittime e gli artefici”. È fin troppo evidente che le ragioni di Wendell Berry sono ancora validissime oggi, anche più di allora, perché ormai abbiamo constatato che “il successo e la sicurezza individuali possono diventare (nei limiti mortali) realmente tali in due modi: devono poggiare su una solida conoscenza e pratica della giustizia economica e devono comportare ed essere inseriti nel successo e nella sicurezza della comunità. Il principio più competitivo li esclude entrambi”. Wendell Berry lo scriveva in Razzismo ed economia, nel lontano 1988 e poi, traducendo la valutazione individuale in un principio collettivo concludeva che “la riunificazione tra natura ed economia presuppone necessariamente la democrazia, giacché né l’una né l’altra possono essere astratte dalla pratica”. Con il mondo che sta bruciando, un ripasso a queste parole sarebbe necessario, e molto utile.
Nessun commento:
Posta un commento