Di ritorno dalla Corea, Tucker si sta avvicinando con cautela alla via di casa: con undici medaglie “in fondo allo zaino”, controlla ogni passo, anche se il rude territorio del Kentucky gli è più che familiare. La diffidenza è istintiva e, pur di restare a distanza di sicurezza, si cucina un crotalo (con questo rinnovando la tradizione delle forze speciali di mangiarsi i serpenti) nel guscio di una tartaruga, dorme all’aperto, pronto a scattare e a difendersi. Il preambolo di Country Dark è eloquente e detta il tono che resterà inalterato nel corso di tutto il romanzo. Tucker è un combattente e nel suo addestramento hanno trovato posto “nozioni mediche di base, tecniche di sabotaggio, impiego degli esplosivi, combattimento corpo a corpo, tecniche di evasione e orientamento”, senza contare che, lì, “dove era cresciuto le armi erano comuni come i badili, ma per la sua carabina M1 aveva nutrito un affetto sincero”. La linea del fronte nel Kentucky è differente dalla Corea, ma le insidie non sono molto diverse: Tucker vorrebbe stare ben lontano dagli altri e quindi dai guai, ma quando sventa uno stupro, deve uscire allo scoperto. Nell’occasione conoscerà Rhonda, sua futura moglie e madre dei suoi figli, e l’esistenza di una fitta rete di contrabbandieri di whiskey, condotta da un bifolco senza scrupoli, Beanpole. Tucker comincia a lavorare con lui: è bravo a non farsi beccare dagli sceriffi e a non farsi fregare dagli altri. È abbastanza scaltro da diffidare di tutti, in primis del suo padrone, perché “l’intuito lo aveva tenuto in vita in Corea, e lui aveva imparato a obbedirgli, a lasciare che fosse una sorta di nascosta consapevolezza del mondo a guidare le sue azioni”. Deve restare vigile e accontentarsi: per quanto povera, traballante e fragile, la famiglia è tutto quello che gli rimane. Tengono duro con dignità, e non è da tutti in quei boschi, finché Beanpole non lo costringe a un accordo che comprende, nel prezzo, un breve periodo di reclusione nel penitenziario dello stato del Kentucky. In carcere ci resterà cinque anni e la vita diventerà una scommessa e un’incognita quotidiana, come era in trincea. Il background del veterano viene adattato sui nuovi campi di battaglia: Tucker è preparato a eliminare ogni ostacolo, a individuare il nemico e neutralizzarlo. Sono le stesse proprietà che l’hanno salvato in Corea dove “Due terzi degli uomini che conosceva erano morti. Tucker attribuiva la propria sopravvivenza a una combinazione di fortuna e astuzia. Era più svelto a sparare. Nel corpo a corpo era sempre il primo a colpire”. La forza di volontà basta e avanza a distinguere il personaggio: Chris Offutt usa volutamente un linguaggio scarno, parziale, grezzo, calandosi nell’ambiente e nelle voci dei protagonisti. Le frasi sono troncate e calzano alla perfezione al ritmo martellante di Country Dark. Una volta uscito dal carcere, Tucker ha superato tutte le forche caudine immaginabili ed è un uomo a cui non si può più chiedere niente. Non di meno, gli affari sulle pendici degli Appalachi, come ricordavano anche Matt Bondurant e Brian Panowich, sono soltanto un’estensione di una furia selvaggia che avvolgerà lo stesso Tucker, al momento di presentare il conto a Beanpole. Lo scontro per riprendersi la famiglia e la casa sarà infido, brutale, senza esclusione di colpi, e l’unico vantaggio di Tucker resterà proprio il suo passato in una guerra americana ben presto dimenticata. Country Dark è un romanzo teso, avvolgente e ipnotico, ben più lungimirante di quanto la sua scorticata natura lasci immaginare.
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