L’arte del ricamo nei racconti di Grace Paley è fatta di una cernita meticolosa delle parole e della loro costruzione nelle frasi che, per l’occasione, ha fatto scrivere Salman Rushdie in Patrie immaginarie: “In Più tardi nel pomeriggio, Grace Paley è diventata, se era possibile, ancora più contenuta e le sue storie sono più concentrate, più dure (ha descritto il suo metodo di lavoro come una continua revisione e un continuo sforzo per togliere le bugie). Vi sono alcuni esempi che annoverano i suoi scritti fra il genere tecnicamente ambizioso del racconto molto molto breve, nei quali la pagina del titolo è lunga tanto quanto il testo vero e proprio. E tuttavia questi brevi racconti, lunghi quanto una strizzata d’occhio, rivelano mondi pienamente formati, tragedie complete di amore, desolazione e morte”. Amore è la parola d’ordine e anche il titolo di un racconto esemplare nel presentare la scrittura di Grace Paley: molto accorta nelle strutture, asciutta nei toni, spiega che succede “tutto per via dell’amore, probabilmente. Com’è interessante il modo in cui da vere ombre ricordate si passa a solide figure inventate”. Tracciando una linea valida per tutte le storie di Più tardi nel pomeriggio, Amore coglie a sua volta il desiderio del padre (in Conversazione con mio padre) ricordato da Fernanda Pivano nell’introduzione: “Vorrei che tu scrivessi una storia semplice, di quelle che scrivevano Maupassant e Čechov, di quelle che scrivevi anche tu, una volta. Personaggi riconoscibili, e poi scrivi giù quello che gli succede”. È proprio il caso di Lavinia, una vecchia storia, dove la protagonista ha modo di rendere esplicito uno dei leitmotiv delle rivendicazioni di Grace Paley perché “quello che gli uomini hanno da fare sulla terra non prende più tempo di uno starnuto. Mentre una donna appena si stacca da un uomo sa che il suo corpo sarà gravato per nove mesi. Ha questa responsabilità nell’anima per sempre”. La prospettiva femminile è costante, così come è persistente l’ombra della guerra del Vietnam che rimane sullo sfondo, una specie di schermo su cui Grace Paley lascia sfilare i profili dei suoi personaggi. Capace di scrivere un racconto agghiacciante in sole tre paginecome In giardino o di rileggere la forma più diffusa della narrativa nell’uso comune, quella del ricordo e dell’aneddoto visto che, come scrive in Madre (un frammento di una sola pagina), “in questo modo semplice si inventa il passato per tutta la vita, il passato che come sappiamo infoltisce il presente e ci dà ogni tipo di consigli per il futuro”. Anche un piccolo calembour come Un uomo mi raccontò la storia della sua vita, con un’intuitivo andamento circolare nasconde preziose soluzioni, ma è la forma del dialogo, assidua e continua, a costituire un saldo punto di riferimento nelle forme mutevoli di Più tardi nel pomeriggio. Basata per intero sulle chiacchiere delle Amiche, l’omonima short story rivela il senso ultimo di Grace Paley per le parole quando dice che “bisogna aggrapparsi alle radici del più piccolo futuro, talvolta semplicemente ai mozziconi di una conversazione”. È importante perché, come si legge più avanti, non si mai “cosa può fare la vita a una persona”, e i rimedi, si capisce, non sono né infiniti né infallibili. Resta, in Ansietà, un piccolo ritratto (sincero) di Grace Paley alla finestra: polemica, arguta, concisa, collima alla perfezione con la sua scrittura.
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