La selezione
di racconti delimitata da Io, eccetera
comprende materiali provenienti da un periodo
che va dal 1963 al 1978. Un arco di tempo piuttosto ampio per trovare
un allineamento preciso, ma d’altra parte il carattere antologico è
rivestito da un caos previsto e ineluttabile e da un’invisibile
coesione perché come proclama la stessa Susan Sontag “la
saggezza richiede un modo di vita singolare in un altro senso, cioè
perversa. Per sapere di più, devi evocare tutte le vite possibili, e
poi lasciar fuori tutto quello che ti è sgradito. La saggezza è una
cosa impietosa”. Ecco allora che si comincia con un Progetto
per un viaggio in Cina
e formulare un libro di esplorazioni e
avventure ancora prima di partire contiene già tutta un’idea di
scrittura singolare ed eccentrica, ovvero considerata come “l’unica
soluzione: conoscere e non conoscere contemporaneamente. Letteratura
e non letteratura, facendo uso degli stessi gesti verbali”. Tra le
numerose variazioni sul tema contenute nel bricolage del Progetto
per un viaggio in Cina c’è
un primo indizio del collante che unisce gli altri frammenti di Io,
eccetera ed è la collocazione degli
individui nella schizofrenia ricorrente dei tempi moderni. L’ipotesi
formulata da Susan Sontag è che
“nessuna persona straordinaria ha l’aria del tutto contemporanea.
La gente contemporanea non sembra affatto: sono invisibili”. A
maggior ragione in Rapporto
successivo all’operazione,
un’altra immagine evidenzia il carattere conflittuale dei racconti:
“In campo lungo: una chiazza cosmica, un
agglomerato di energie sanguinanti. In primo piano, è un circuito
stampato decifrabile senza difficoltà, un labirinto transistorizzato
di orme animali, una banca dati per impronte vocali asmatiche. Solo
alcuni cittadini hanno il diritto di essere amplificati e farsi
sentire”. La disgressione più squillante dal punto di vista letterario è
anche la più pertinente al filo rosso di Io, eccetera si trova invece è Il fantoccio,
un androide e un doppelgänger che sostituisce il padre, il marito,
l’impiegato. Il tema (non così) latente del doppio e della schizofrenia sfocia
nella fantascienza e Susan Sontag riesce a muoversi con disinvoltura, anche in un contesto atipico, almeno per lei. Per capire cosa
può essere Il fantoccio
bisogna andare alla definizione di Robert Sheckley, riportata nel
Dizionario degli esseri umani fantastici e
artificiali di Vincenzo Tagliasco, per cui i
“robot sosia” sono “identici all’originale e capaci di
comportarsi in tutto e per tutto come il modello di riferimento: in
altre parole dei sosia, dei doppioni, proiezioni della propria
personalità in una situazione particolare”. Il
fantoccio si rivela fin troppo fedele alle
idiosincrasie umane, tanto è vero che nel capitolo successivo, dal
titolo fin troppo espressivo di Vecchie
lagnanze rivisitate, Susan Sontag si lascia
sfuggire: “E se il mio concetto di oppressione e di libertà è
mediocre, resta comunque un problema reale, sentito almeno vagamente
da milioni di persone: l’invenzione della libertà”. Nell’insieme
ci sta anche la personalissima rivisitazione di Susan Sontag di un figura letteraria
fondamentale, Il dottor Jekyll,
così come poi diventerà logica la conclusione di Giro
turistico senza guida perché, in fondo, “la
verità è semplice, molto semplice. Centrata. Ma la gente brama
altre forme di nutrimento oltre alla verità. Le sue privilegiate
distorsioni, nella filosofia e nella letteratura. Per esempio”. Da
ritrovare.
Nessun commento:
Posta un commento