Il
mestiere dello scrittore
è difficile da comprendere, figurarsi provare a insegnarlo, nonostante corsi
& professori proliferino senza sosta. Prima di tutto, come specifica fin
dall’inizio John Gardner, “l’originalità più nobile non è stilistica ma visionaria
e intellettuale; la precisa esposizione da parte dello scrittore di ciò che
egli in persona ha visto, udito, pensato e sentito”. Ogni consiglio rischia di
essere uno spreco, se non un danno, una volta a contatto con la personalità
dello scrittore. Detto questo John Gardner è prodigo di suggerimenti, non tanto
sul come scrivere,
quanto sul cosa e perché. Un’attitudine che Il mestiere dello
scrittore riassume così:
“In ultima analisi, ciò che conta non è la filosofia dello scrittore (che si
manifesterà in ogni caso), ma le vicende dei personaggi, il modo in cui i loro
principi di generosità o di ostinata rettitudine, di avarizia o vigliaccheria
li aiutano o li danneggiano in determinate situazioni. Ciò che conta è la
storia dei personaggi”. Di tutti gli elementi del romanzo, Il mestiere dello
scrittore pone il
personaggio sempre al centro di una concentrazione che comprende il soggetto,
la trama, “la sensazione che le cose si muovano, vadano in qualche direzione,
fluiscano”, i dialoghi e una certa “sensibilità verbale”, l’ambientazione, “il
luogo e tutto ciò che esso implica, storia, rapporti di parentela, identità”.
Il mandato di John Gardner è essenziale: “Lo scrittore non deve solo essere
capace di comprendere le persone diverse da lui, ma deve subirne il fascino.
Deve avere sufficiente stima di sé da non sentirsi minacciato dalla diversità,
sufficiente calore umano e comprensione, sufficiente interesse per
l’imparzialità di cui ha bisogno per apprezzare persone diverse da lui, e
infine deve avere, secondo la mia opinione, una sufficiente fiducia nella
positività della vita, tale da poter non solo tollerare ma anche celebrare un
mondo di diversità, conflitti, contrasti”. Oltre a proporre un profilo ideale
di scrittore, John Gardner mostra inoltre le doti di un grande lettore e anche
in questo caso i suoi consigli sono perentori: “Leggi tutto il Faulkner che ti
capita per le mani, e poi leggi tutto Hemingway per espellere Faulkner dal tuo
organismo”. Per estensione il suo manuale per aspiranti narratori è un ricco e
institito invito alla lettura, e a cogliere la particolare dimensione del
rapporto tra lettore e scrittore perché la (buona) narrativa deve scatenare “un
sogno vivido e ininterrotto nella mente del lettore”. Al contrario, John
Gardner dice che “la narrativa che manca di generosità è innanzitutto una
narrativa in cui lo scrittore non è disposto ad accettare il lettore come un
partner della sua stessa forza”. Una definizione estrema e molto appropriata,
che illumina davvero la bella lezione di John Gardner. Ricordava Raymond
Carver, il suo allievo più attento e scrupoloso: “Avevamo l’abitudine di
parlare delle virgole nel racconto come se nient’altro al mondo avesse maggior
importanza, e in effetti non ce l’aveva”. E’ quello Il mestiere dello
scrittore, né più, né
meno.
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