Missione
compiuta è un libro anomalo, essendo
parte della propaganda che sosteneva lo sforzo bellico americano (prima e
durante) la seconda guerra mondiale. Una forma limitata e limitante,
soprattutto nel tono generale, che impone a John Steinbeck un margine di
manovra piuttosto limitato e ovvio. Il suo obiettivo è raccontare la nuova leva
di piloti, armieri, navigatori, marconisti, motoristi e mitraglieri che
compongono l’equipaggio dei bombardieri. Missione compiuta è didascalico e ripetitivo nel suo continuo tentativo
di inoculare alcuni concetti essenziali. E’ la funzione della propaganda e John
Steinbeck insiste su alcuni presunti ideali americani: l’efficienza delle
macchine, il lavoro di squadra, la ricerca della forma fisica, la dedizione al
compito, la fedeltà alla bandiera, lo spirito di corpo. Per la guerra è utile
anche un patriota scomodo come John Steinbeck che però deve attenersi a un
copione in gran parte già scritto, esaltando la nuova arma del cielo, le sue meraviglie
tecniche, l’implicita vocazione alla superiorità (non solo aerea) che deve
trasmettere. Anche in circostanze avverse, John Steinbeck trova l’occasione di
affermare uno stile e di usare le parole per esprimere, persino con una sorta
di profezia, dove avrebbe portato “una guerra senza un metodo o una tecnica
precisi, imperniata proprio su quella produzione in cui eccelliamo. Se fosse
toccato a noi scegliere il tipo di guerra da combattere, non avremmo potuto
trovarne una più adatta al nostro spirito nazionale. Perché questa è una guerra
di trasporti, di macchinari, di produzione di massa, di flessibilità e
inventiva, e in ciascuno di questi campi noi siamo stati pionieri se non
addirittura inventori”. Il rigido schema imposto dalla funzione primaria di Missione
compiuta non impedisce a John
Steinbeck di interpretare quello spirito pragmatico e combattivo (proprio in
quest’ordine) sviluppatosi proprio perché “la dimensione del nostro disagio era
la dimensione delle nostre energie”. I suoi limiti, così come quelli di
un’intera nazione, sono sorpassati dalla velocità degli eventi e del tempo e la
Missione compiuta da John
Steinbeck è tracciare una linea di demarcazione tanto netta quanto artefatta:
non soltanto con il nemico da annientare come vuole l’arte della guerra, ma
anche tra ciò che si deve ritenere americano e ciò che non lo è. La propaganda
non ammette dubbi, titubanze, incertezze, intemperanze. La macchina economica e
bellica (una pericolosa associazione John Steinbeck aveva compreso benissimo),
dai bambini che compongono i modelli di aereo destinati all’addestramento
all’ultima operaia che assembla ali e fusoliere fino all’armiere che sgancia
tonnellate di bombe sui bersagli, deve essere pronta e muoversi all’unisono
perché “adesso lo scopo è stato fissato; abbiamo un disegno e una direzione, e
una sorta di gioia selvaggia percorre l’intera nazione”. Missione compiuta: è un buon giorno per morire e la storia insegna che,
da allora, l’industria della guerra non si è più fermata.
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