Un colpo di pistola e una ragazza scomparsa
danno il via alle danze degli avvoltoi e spalancano una finestra nella vita di
Chabot, Mississippi. E’ un’area rurale e povera dove la vita a piedi nudi e ai
margini del bosco e delle paludi, ha reso le crepe del razzismo più sfumate, ma
non per questo meno ambigue. Larry Ott, ricoverato per un proiettile passato
vicino al cuore, è stato amico di 32 alias Silas Jones, “l’unico rappresentante
delle forze dell’ordine di Chabot, Mississippi, circa circa cinquecento abitanti”.
Larry Ott, bianco, è stato coinvolto nella scomparsa di un’altra ragazza, Cindy
Walker, avvenuta anni prima e da allora vive circondato dal sospetto ed
emarginato, gestendo l’officina del padre, ormai senza clienti, accudendo la
madre e le sue galline. Dopo che qualcuno gli ha sparato, 32, nero, vaga per la
contea guidato da un rimasuglio di coscienza, da un’intuizione o dalla
concidenza tra il ferimento di Larry Ott e la scomparsa Tina Rutheford, figlia
del padrone dell’unica fabbrica della contea. Non è un detective, la sua
mansione principale dovrebbe essere dirigere il traffico e i luoghi in cui
passa sono sempre gli stessi: una tavola calda, una casa di riposo,
un’officina, le strade consumate dalle abitudini, un pollaio e del resto a
Chabot non sembra esserci molto altro a parte quel passato che non passa mai,
come direbbe William Faulkner. 32 viaggia per triangolazioni da un luogo
all’altro in cerca di risposte, ma il municipio ha un budget ridotto persino
per gli sceriffi, figurarsi se può permettersi di divorare risorse che non ha
per indagare ancora su indizi del passato. Solo che il processo su cui
volteggia L’avvoltoio non concede scampo: “Il tempo ammassa anni nuovi su quelli
vecchi, senza però che quelli vecchi scompaiano, come gli anelli centrali di un
albero, i primi e i più stretti, i più nascosti, racchiusi nell’oscurità e
protetti dalle intemperie. Ma poi giunge l’urlo di una sega e l’albero cade e i
cerchi sono inondati dai raggi del sole e la linfa scintilla e il ceppo viene
esposto al mondo intero”. E’ proprio quello che succede nel corso del romanzo
di Tom Franklin, già notato con le short stories di Alabama Blues: la suspense (bisognerà
scoprire chi ha fatto sparire Cindy Walker e poi Tina Rutheford e perché hanno
sparato a Larry Ott) su cui è imperniato tutto L’avvoltoio è strumentale e
destinata ad accogliere il lettore in un segmento di spazio e di tempo, dove
tutto funziona al rallentatore e si svela passo per passo, pagina dopo pagina.
Sono il contesto, l’insieme e il mood generale che Tom Franklin sa rendere come
un grande narratore: dai menù della tavola calda ai serpenti mocassini, dai
ripetuti omaggi a Stephen King ai film del drive-in, dal kudzu (un rampicante
selvatico si avvolge agli alberi e alle rovine) alle impronte nel fango, ogni
dettaglio concorre a definire l’atmosfera in cui promesse e tradimenti, verità
e pregiudizi definiscono il destino dei protagonisti, neri o bianchi che essi
siano, lasciando al tempo il compito dell’unica giustizia possibile. Molto più
di un semplice thriller.
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