La leggenda di Duluoz è un corpo celeste dalla traiettoria complicata nell’universo di Jack Kerouac, di suo già abbastanza espanso e articolato. E’ a tutti gli effetti una selezione antologica e tutti i suoi romanzi (da Il dottor Sax e Tristessa a Visioni di Cody fino all’onnipresente Sulla strada) sono rappresentati in modo più che dignitoso da altrettanti spezzoni. E’ altrettanto chiaro che i vari segmenti non hanno l’assoluto bisogno di essere raccordati tra loro visto che, a detta dello stesso Kerouac, La leggenda di Duluoz è un libro assemblato perché chiunque “se lo porti in giro e lo legga a suo piacere”. L’indicazione, in sé, è autosufficiente e non c’è dubbio che la particolarità delle scelte su cui si basa Le leggenda di Duluoz sia in armonia con le concezione stessa che Kerouac aveva della letteratura e della sua scrittura visto che ha sempre considerato la sua opera come “un unico grosso libro” che raccontasse “il mondo dell’agire furioso e della follia e anche della dolcezza soave, visto attraverso il buco della serratura che è il suo occhio”. Ora, se è vero che La leggenda di Duluoz risponde a una necessità antologica e riepilogativa, è più difficile dire se corrisponda alle vere intenzioni (e ambizioni) di Kerouac cioè di dare un’unità proustiana alla propria narrativa. La scintilla da cui è cominciata la genesi di tutta La leggenda di Duluoz, come spiegava lo stesso Jack Kerouac, è quella: “Quando sarò vecchio voglio radunare tutti i miei libri e reinserirvi il mio Pantheon di nomi uniformi, abbandonare al suo destino quel lungo scaffale pieno di volumi e morire felice. L’opera completa forma un’enorme commedia, vista attravrso gli occhi del povero Ti Jean (io) altrimenti noto come Jack Duluoz”. Gioca a suo favore la concentrazione di alcuni dei suo passi più significativi che, accostati gli uni agli altri, danno l’idea della forza e dell’espressività della scrittura di Kerouac e della sua idea di letteratura intesa come “una storia raccontata per tenere compagnia e per insegnare quello che c’è di religioso, di reverenza religiosa, nella vita reale, in questo mondo reale che la letteratura dovrebbe riflettere (e qui lo fa)”. Resta in fatto, non irrilevante, che La leggenda di Duluoz, così come ci è appare, è, nonostante la voluminosa sostanza, un’infinitesima parte del continuum evocato da Jack Kerouac. Il paradosso è che La leggenda di Duluoz funziona proprio perché è incompleta, almeno rispetto alle aspirazioni iniziali. E’ la sintesi di un sogno, che rimane là, infinito viaggio, ormai giunto alle porte del mito. E’ un po’ un limite vedere miscelate atmosfere distanti e diverse (Angeli di desolazione accanto a I sotterranei, giusto per fare un esempio), ma seguendo le scarne indicazioni di Jack Kerouac e con un decisivo sforzo dell’immaginazione si può benissimo percepire La leggenda di Duluoz come un libro e un romanzo con una propria identità. Più difficile dire se valga il prezzo da pagare anche se la bellissima copertina resta un invito allo spreco.
che coincidenza! proprio in questo periodo sto rileggendo Kerouac, che avevo letto da ragazzina...ho riletto i vagabondi e ora sto leggendo Big Sur... ho trovato interessante il tuo post e in generale il blog...volevo solo complimentarmi!
RispondiEliminaDenise Bresci
Grazie, e benvenuta.
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