Guy Forget è in coma in un letto d’ospedale. Il destino ha voluto che nel momento del fallimento, il suo piano non prevedeva alcuna alternativa, si poteva salvare grazie alla scomparsa del padre (e alla conseguente eredità). Invece ha sbagliato tutto, soprattutto a non seguire, con una certa responsabilità, un dogma che ha il tenore di un’ ammonizione: “In ogni procedura, in ogni sistema si arriva a un punto critico in cui si rende necessario un elemento di fiducia. E quell’elemento è il punto su cui far leva”. L’elenco degli errori che l’hanno portato a coltivare con metodica ossessione la sua sconfitta, ovvero proprio il suo Fallire, è lungo: ha creduto a Sven Transvoort, un bugiardo indomito, “uno di quei personaggi storici per cui secondo Hegel le regole non valgono”; come socio nell’avventura ha scelto il suo miglior amico, Billy, un dog sitter che porta a spasso i cani legandoli alla sua macchina (e questo è il meno peggio, nel personaggio); per giunta è innamorato di Violet, “emotivamente distante come poche volte si vede in un essere umano”, e dovrebbe bastare. Tra tutto, Guy Forget deve aver dimenticato che ha sbagliato città per il suo colpo perché “Los Angeles per natura attrae da tutti gli angoli del globo solo gli abitanti più concentrati su di sé, in altri termini, se non stava succedendo a te di persona, o in subordine a qualcuno di molto famoso, allora non succedeva affatto”. Un qualche dubbio doveva pur nutrirlo prima di inventarsi la rapina al cambio-assegni coreano con cui avrebbe finanziato il progetto Pandemonium, un’applicazione per infilare pubblicità subliminale in rete che nessuno saprà mai se funziona oppure no, se esiste o se è rimasta un’idea virtuale al cubo. Confusion Is Sex cantavano i Sonic Youth sull’altra costa e la citazione spicca all’improvviso come una nota squillante: James Greer ha frequentato a lungo il mondo del rock’n’roll (prima come reporter, e siamo in buona compagnia, poi come bassista dei Guided by Voices) e la frammentarietà di Fallire, diviso in brevissime parte di due, tre pagine l’una, ricorda Il tempo è un bastardo di Jennifer Egan, una percezione della realtà sfuggente, persone e personaggi che si muovono in vortici concentrici e comunicano con brucianti e serrati, dove la definizione della parola vaga tra calembour, giochi di prestigio, ardite interpretazioni (“Se separi le parole dal rumore di fondo, perdono ogni significato. Se poi aggiungi di nuovo rumore, riacquistano senso”) e la certezza minimalista di aver capito che è proprio quella “la direzione in cui stiamo andando. Spazi bianchi, amico mio. Il futuro appartiene agli spazi bianchi”. L’ambizione nutre la sconfitta, l’attesa diventa la parte più dolce e Guy Forget, è l’emblema del Fallire: nella vita aggrappato all’illusione del colpo da un milione di dollari (gli servirebbe molto meno, in effetti); nel momento fatale sospeso in un limbo tra il fallimento e la voglia di vendetta, destinato a diventare un poltergeist, il vero riflesso dei nostri tempi.
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