Lo zeitgeist, Lo spirito dei tempi di questo sorprendente romanzo di Bruce Sterling, passa attraverso la vita, breve ed effimera, di un gruppo musicale tutto al femminile, molto simile a quelli che vanno per la maggiore oggi. Il talento, la dedizione, lo stile sono relativi: “Non sanno cantare. Non sanno ballare. Vanno in playback. Sulle basi”. Nella realtà potrebbero essere le Spice Girls o qualche succedaneo più recente in Lo spirito dei tempi si chiamano G7 e coerentemente con il loro nome vengono dai maggiori paesi industrializzati. Il loro manager, l’astuto e loquacissimo Leggy Starlitz, al tramonto del 1999 ha grandi progetti per loro: conquistare il mercato musulmano, prima che il fantomatico millenium bug sveli trucchi e responsabilità di tanti sogni. Frenetico e veloce come una canzone pop, Lo spirito dei tempi diventa il territorio adeguato dove Bruce Sterling può stratificare la parodia e la cronaca, dando sfogo ad una scrittura serrata e coinvolgente, con un intreccio di storie, personaggi, moventi e sorprese che non cede mai il ritmo. In tutto questo affiorano, perfettamente inseriti nel contesto del romanzo, i linguaggi e le distorsioni dell’industria del pop. Dai teoremi per e contro il culto della personalità (“Chi ha bisogno di grandi star? Le grandi star sono veleno. Qui stiamo parlando di concetto di mercato. Il primo gruppo pop che non vende musica. Il primo gruppo pop con la data di scadenza”) alla consuetudine delle voci di corridoio (“Queste nostre chiacchiere informali mi fanno molto piacere. Ci apriranno tutto un mondo di potenziale espansione del mercato e del dialogo multiculturale”), che sono poi le vere fonti d’informazione e di comunicazione, tutto Lo spirito dei tempi è permeato dallo slang e dalle costruzioni verbali dello show business. Non si tratta di una semplice metafora, perché sono gli stessi modelli su cui si reggono gran parte dei mass media che Bruce Sterling mostra di conoscere a fondo. La sua interpretazione, brillante e iconoclasta nello stesso tempo, riesce a rendere l’idea della velocità e del caos in cui vengono generati i desideri e di conseguenza i mercati di riferimento. Ci mette una verve tutta sua, come è giusto che sia, nel raccontare le peripezie delle G7 e riesce sempre a distinguerle dalla complessità di piani in cui sono inserite, perché Lo spirito dei tempi non riguarda soltanto la musica e non è riferito soltanto all’effervescenza della cultura pop. Va un po’ più a fondo nello svelare il nostro zeitgeist. A partire dalla regola fondamentale del successo (pop): “Non serve essere eccitanti. Né essere l’uomo del mistero o l’eroe in prima linea. Basta solo far sì che gli altri vogliano delle cose e poi dargli quello che vogliono”. Give the people what they want, date alla gente quello che vuole: lo dicevano anche i Kinks, quando il ventesimo secolo brillava di illusioni e il 2001 era soltanto un anno in un film di Stanley Kubrick e valgono ancora oggi: sono cambiate le rock’n’roll star, ma Lo spirito dei tempi è rimasto lo stesso.
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