“Lieto di averti a bordo lettore, ma ricordati che questa sotterranea ha soltanto un capitano”: la precisazione è quanto mai utile, visto che il comandante si chiama William Burroughs. Sono passati soltanto due anni dalla pubblicazione del Pasto nudo, un romanzo rivoluzionario e infinito, e con La macchina morbida William Burroughs inaugura la cosiddetta Nova Trilogy (che coprende anche Il biglietto che è esploso e Nova Express) dopo sublima la sua stessa visione della scrittura con un altro balzo visionario nel tempo e nello spazio. Ricordava Gregory Corso: “William (Burroughs) si serviva del suo materiale altamente volatile, dei suoi testi inimitabili che sottoponeva a tagli implacabili. Era sempre il più deciso della compagnia. Nulla riusciva a turbarlo”. Difficile dargli torto: la trama poliziesca e il detective protagonista in La macchina morbida sono falsi nel senso che sono immagini in “una città di film in bianco e nero strade che sbiadiscono con migliaia di volti corrosi dal fumo. Figure del mondo rallentano fino ad essere catatonico calcare”. L’apocalittico panorama serve a spiegare perché “la parola non viene usata per il suo significato, ma come immagine” in un vortice spietato dove l’idea geniale del cut-up, alla base del Pasto nudo, si completa con il fold-in. Tagliare le connessioni tra le parole per scoprire la verità. Piegarle per viaggiare nel tempo, come spiega lo stesso William Burroghs: “Quando si scorre un giornale come fa la maggior parte di noi si vede assai più di quanto non si creda. Per essere esatti si vede tutto ad un livello subliminale. Quando ripiego il giornale di oggi con quello di ieri e sistemo le immagini in modo da formare un montaggio del tempo, ritorno letteralmente indietro al momento in cui ho letto il giornale di ieri, cioè viaggio a ritroso nel tempo verso ieri”. Il processo è tanto semplice da sembrare banale, se letto in una prospettiva convenzionale. Anche Norman Mailer subì l’abbaglio, pensando ancora alla scrittura e alla letteratura in termini lineari e temporali. William Burroughs vedeva invece le sue applicazioni secondo coordinate spaziali, più istintive che razionali, più legate alla percezione che alla cognizione. Non è un caso, anzi è la prova tangibile, che La macchina morbida e tutta la Nova Trilogy ispireranno plotoni di musicisti più che di scrittori: da Patti Smith fino a David Bowie che ne recupererà tecniche e idee ancora sul finire del ventesimo secolo (nonché i Soft Machine, che dal romanzo prenderanno persino il nome) le intuizioni di William Burroughs si sono evolute in strumenti di composizione adattabili a tutti i processi creativi, dal songwriting ai videoclip. Chissà cosa sarebbe successo, se avesse avuto a disposizione il mondo digitale di oggi all’epoca della Nova Trilogy visto che diceva: “Sono un agente pubblico e non so per chi lavoro, prendo istruzioni da segnali stradali, da giornali e da brani di conversazioni che strappo dall’aria come un avvoltoio che porti via interiora da un’altra bocca”. Un classico che è ancora un rivelazione.
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