C’è
un’intervista di Jim Harrison in un libro che è utilissimo a
capire il mondo degli scrittori (si tratta di L’arte
dello scrivere,
a cura di Sybil Steinberg) in cui dice: “Il romanziere che rifiuta
i sentimenti rifiuta l'intero spettro del comportamento umano, e alla
fine si inaridisce. Io preferisco dare voce a tutti gli amori e le
delusioni umane e correre il rischio di essere sdolcinato, piuttosto
che morire come un fottuto intelligentone”. In questo è stato
coerente, perché avendo scoperto un personaggio affascinante come
quello di Dalva,
sembrava logico andare fino in fondo, raccontando con La
strada di casa tutta
la sua storia, fino alle più lontane personalità della sua vasta e
composita famiglia. Ne è uscito un romanzo corposo dove, più che in
altre storie di Jim Harrison, ha per protagonisti il paesaggio del
Nebraska e una miriade di racconti che in fondo non sono altro se non
il tentativo di rappresentare la vita e la morte, e di dare un senso
al tempo. Il termine di paragone è con la saga di Leggende
d’autunno anche
se qui la scrittura di Jim Harrison raggiunge un lirismo assoluto,
soprattutto offrendo a Dalva la possibilità di parlare in prima
persona e di raccontare un albero genealogico lungo un secolo, di cui
lei è uno degli ultimi rami. Ciò non toglie che Jim Harrison non
infili qualche suo commento sullo stato dell’America, magari a
partire dall'osservazione di una lussuosa BMW, oggetto non
identificato nelle campagne del Nebraska: “I soldi sono un problema
terrificante. La gente che ne ha tanti cerca sempre di farne di più
e quando glielo chiedi non sono sicuri di saperne il perché. Quando
non hanno più niente da comprare esigono addirittura che i loro
figli sembrino ricchi. Ma d’altra parte il paese non è affatto
quello che in gran parte pensa di essere. I soldi sono troppo pochi e
sono distribuiti in maniera disuguale. La gente desidera essere
quello che alla televisione vede che dovrebbe essere ma pochi ci
riescono”. Non è soltanto per questo che i suoi personaggi sono
vulnerabili, a partire dal protagonista di La
strada di casa,
ovvero John Wesley Northridge: è il loro conflitto con i ricordi e
con le continue suggestioni del paesaggio rurale, mai visto con tanta
lucidità, con cui è sempre in corso uno strisciante processo di
identificazione. Come dice uno dei personaggi di La
strada di casa proprio
nel cuore del romanzo (con la colonna sonora di Merle Haggard):
“Un’altra ora di viaggio lungo la strada e mi sono reso conto che
non sapevo dove fossi diretto. Questo mi ha lasciato confuso nel
crepuscolo e mi sono fermato per controllare la mappa come se volessi
confermare la mia esistenza”. Avviso ai lettori: La
strada di casa è
un romanzo notevole e di autori che riescono a raccontare i
sentimenti come fa lui non ne sono rimasti moltissimi e non è un
libro da leggere distrattamente o a metà, perché la storia di Dalva
si compie fino in fondo e per riuscire a coglierla bisogna arrivare
fino al finale, dove si capisce che per Jim Harrison la scrittura è
qualcosa in più di un (bellissimo) mestiere.
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