On Writing è stato un libro particolare nella storia di Stephen King sia per come è nato sia per quello che contiene. Il personalissimo tono di Stephen King trova la sua cifra definitiva nella confessione finale dove svela i legami con il grave incidente che, nel 1999, lo costrinse a lunghe e indicibili sofferenze. Se è stato vero per lui che scrivere è tornare alla vita è perché comunque scrivere è una vita e On Writing è un libro che dice molto sulla scrittura e sullo scrittore ma nello stesso tempo spiega lettore e lettura. “Autobiografia di un mestiere” presuppone più di un significato e i suoi consigli, come di chiunque altro, sono opinabili e discutibili perché come ammette Stephen King “si impara soprattutto leggendo molto e scrivendo molto e le lezioni più preziose sono quelle che vi impartite da soli. Sono lezioni che si svolgono quasi esclusivamente quando la porta dello studio è chiusa”. La praticità di On Writing è tutta qui: alcuni passaggi (a partire da quello fondamentale sulle revisioni: “Scrivi con la porta chiusa, riscrivi con la porta aperta”) sono più che utili, ma è soprattutto il modo di accostarsi alla lettura e alla scrittura che è contagioso. Un tono entusiasta e incantato che recita: “anche se il risultato è solo chiarezza e non bellezza, credo che scrittore e lettore partecipino insieme a una sorta di miracolo”. On Writing è la cerniera tra la formazione di uno scrittore e la natura di un lettore, dove il mestiere di scrittore diventa comprensibile attraverso la vita del lettore e scrittura e lettura si intrecciano come in un’altra raccolta di saggi piuttosto sottovalutata, ovvero Danse Macabre, perché la passione di Stephen King lo spinge a dire che “i libri hanno la singolarità di essere magie portatili”. Idea più che condivisibile per cui On Writing non è un vademecum per aspiranti scrittori, anche se di indicazioni se ne trovano in abbondanza: “tutti hanno una storia” e se quello è il punto di partenza, non è mai autosufficiente perché se da una parte “le storie sono reperti, frammenti di un mondo preesistente e ignoto”, dall’altra “il fine della fiction è di trovare la verità dentro la ragnatela di bugie della storia”. Questo è lo spunto più coraggioso di On Writing e forse anche un’altra esplicita rivelazione di Stephen King, questa volta più politica che personale: poi “è tutto sul tavolo: quello che vi può servire è lì, ed è giusto utilizzare qualunque cosa migliori la qualità della vostra scrittura e non intralci la vostra storia”. E’ importante cominciare, continuare, ma soprattutto scoprire che “se potete farlo per il piacere, potete farlo per sempre”, quali che siano i risultati. In fondo “scrivere è tirarsi su, mettersi a posto e stare bene” ed è un lavoro duro, ma qualcuno lo deve fare anche se agli americani (e non solo, vale la pena di notare) “interessano di più i quiz televisivi che i racconti di Raymond Carver”. In mezzo, dove c’è un’intera terra di nessuno in gran parte inesplorata, c’è solo Stephen King.
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