Si sono fatte molte ironie su questo diario di viaggio. Di sicuro non è un libro che cambierà (o ha cambiato) la storia della letteratura. E’ un garbato reportage dalla provincia americana (anche se a un certo punto potremmo parlare di provincia e basta) che però ha espresso un senso, uno spirito, un’idea a cui siamo molto affezionati e in cui è facile riconoscersi. I presupposti sono noti: William Least Heat-Moon, abbandonato dalla moglie e ormai senza lavoro, sceglie di partire per un lungo viaggio intorno all’America. Questa è già una caratteristica bizzarra perché altri viaggi “americani” sono entrati nella storia seguendo le direzioni indicate dai punti cardinali (da est a ovest, da nord a sud e avanti così), mentre la sua è una circumnavigazione a tutto tondo, un percorso circolare. L’altra caratteristica peculiare, è la scelta delle strade e qui sta la logica, il nocciolo e in sé anche la fortuna di Strade blu. Il suo viaggio è marginale perché sceglie percorsi dove l’asfalto è ormai bucato dai funghi e incontra uomini e donne che si costruiscono case (e barche) con le proprie mani sniffando il profumo del legname. Sulla mappa, le Strade blu bordeggiano i confini degli Stati Uniti, evitano le metropoli e così il centro, prendono spesso deviazioni insolite e, fin dall’inizio, vanno a scoprire o a trovare qualcosa secondo una misteriosa casualità, che si riflette anche sul diario di William Least Heat-Moon. Il tono colloquiale, senza pretese, senza velleità, di Strade blu può apparire superficiale e consolatorio ma, come direbbe Jim Harrison, William Least Heat Moon è uno scrittore che non ha paura di essere “romantico”, a costo di sembrare patetico, ma è anche “popolare” in modo gentile e generoso, tanto da far sembrare intelligenti e acuti (quasi) tutti i suoi occasionali interlocutori. Incontro dopo incontro, sulle Strade blu prende forma una filosofia spicciola che predilige la concretezza della realtà (come racconta un agricoltore a William Least Heat-Moon: “Un uomo diventa ciò che fa. Non bisogna scordarlo. Per questo continuo a zappare la terra, anche se il raccolto non è mai generoso”) che scorre in parallelo all’urgenza di un sogno, non fosse altro che una barca in riva al fiume che riempie tutta una vita, perché, come dicono i diretti interessati, i sogni occupato tutto la spazio che gli si dà. Il segreto di Strade blu è che sul furgone di William Least Heat-Moon, non a caso chiamato Ghost Dancing, non vengono solo segnate le tappe di una geografia in evoluzione, ma si raccolgono anche piccole storie blue collar che nessun altro avrebbe raccontato. Sospesi tra la fatica giornaliera di vivere in luoghi “in the middle of nowhere” e il bisogno impellente di emancipazione tutti i personaggi di Strade blu sembrano condividere l’opinione di un pescatore di granchi della costa atlantica: “E’ un bel mestiere il nostro. Non c’è nessuno che ci comanda, eccetto il cattivo tempo. Non avere padroni è meglio che guadagnare un sacco di soldi”. L’idea, sullo sfondo delle Strade blu, è proprio quella.
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