Nell’elenco di narratori nativi che per voce di uno dei personaggi di Indian Killer appare nelle prime pagine del romanzo (Simon Ortiz, Roberta Whiteman, Luci Tapahonso, Elizabeth Woody, Ed Edmo, Jeannette Armstrong) potrebbe starci benissimo anche Sherman Alexie, se non fosse che è proprio lui uno tra i più conosciuti. Merito soprattutto di Reservation Blues e di Lone Ranger fa a pugni in paradiso, due libri in cui sogni e visioni della cultura nativa si sovrappongono al paesaggio (urbano, decadente) di un’America incapace di venire a patti con il suo passato. Anche Indian Killer non si discosta molto da quelle ambientazioni: Sherman Alexie sfrutta tutte le possibilità dell’immaginazione e della scrittura per attraversare con naturalezza, e come per magia, i tempi e gli spazi tra illusioni, personaggi onirici, riti tradizionali e la realtà. In più c'è un serial killer (l’ennesimo, verrebbe da dire) che scalpa le vittime, rigorosamente visi pallidi, e firma gli omicidi con due penne di gufo insanguinate. Ma non finisce tutto qui: attorno alla figura dell’Indian Killer si muove una folla di personaggi spesso ambigui (se non proprio ambivalenti) che sembrano tracciargli un percorso, offrirgli motivazioni, forse anche indicargli chi sarà il prossimo bersaglio. Trattandosi di un thriller (anche se con uno sfondo polemico molto in rilievo) è naturale non sbilanciarsi oltre, anche se un appunto su John Smith, il personaggio a cui ruotano intorno un po’ tutte le vicende di Indian Killer è necessario: il suo nome non vuol dire niente (con John Doe è tra i più diffusi negli Stati Uniti), di origini native è stato adottato ancora neonato (la bellissima scena iniziale) ed è un coacervo di contraddizioni, di paure e di passioni che potrebbe benissimo essere l’impersonificazione di una metafora per tutti gli indiani d’America. Agli appassionati di rock’n’roll sarà ancora più facile trovarsi a proprio agio con Reservation Blues (il fantasma di Robert Johnson che si aggira in una riserva non è qualcosa che si legge tutti i giorni), ma è chiaro che anche nel confronto con uno stereotipo della fiction (e purtroppo anche della cronaca) quale è il serial killer, Sherman Alexie ne esce convincente perché non perde il gusto di articolare le sue storie attraverso un linguaggio capace di esprimere emozioni, sensazioni ed idee anche dentro il ritmo (serrato e implacabile) di Indian Killer. Narratore con il gusto dell’incastro tra passato e presente, tra eventi storici e romanzeschi, non perde occasione per rivelare, sotto mentite spoglie, la complessa dimensione sociale e politica dei nativi americani ma senza lasciarsi invischiare in prese di posizione ideologiche o in pericolose distinzioni etniche. Sherman Alexie sembra raccontare le sue storie con tutti i mezzi che l’immaginazione concede alla sua scrittura e l’effetto è davvero notevole perché le visioni e gli stati di alterazione di Indian Killer alla fine non sono altro che un riflesso deformato della realtà. Efficace.
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