Una ragazza scompare nell’arida aria del Texas. Si chiama Mandy, è ricca (di famiglia), canta (in un trio) e l’ultima volta che è stata vista era in compagnia del chitarrista (ma non del suo fidanzato). Le triangolazioni non finiscono qui perché l’incarico per ritrovarla viene affidato a Cody, un private eye solido e disilluso con la passione per l’arte e per i dubbi che se la cava con una visione filosofica tutta sua: “La maggior parte degli investigatori privati, me incluso, spendono più tempo aspettando che facendo qualunque altra cosa. E’ la parte principale del lavoro, e non può essere evitata. Ma non ci si abitua mai. Il tempo trascorso nell’attesa passa lentamente come quando eri bambino e non riuscivi a capire perché per tutto quello che facevano gli adulti ci voleva così tanto”. Mentre il “vento del Texas” sfoglia le pagine di una storia che, si intuisce fin dalle prime battute, è chiusa su se stessa (per quanto ci proviamo a considerarli estranei, forse nel tentativo di autodifenderci, i mostri e le mostruosità sono sempre più vicini), con il suo quotidiano tran tran e pur sconfitto a più riprese dalle evidenze Cody riesce ancora a suggerire una scintilla di salvezza e/o di giustizia. Anche nel duro Texas che, parole sue, una volta “era un bel posto dove vivere, prima che cercasse di diventare un’altra California o un’altra New York. Adesso basta l’ultima novità o trovata di moda e tirano fuori i longhorn di cartapesta. Forse è più furbo, ma di certo così è molto meno reale”. James Reasoner scrive un noir asciutto, essenziale, dove conta moltissimo il silenzio, lo spazio tra una parola e l’altra, l’insinuazione di un dubbio, un’ombra, un linea oscura. L’azione è limitata (in sostanza comprende un pestaggio e l’inevitabile resa dei conti finale, fine dello spettacolo) e lo svolgimento è insolito perché la trama cresce attraverso la natura delle supposizioni e delle ipotesi di Cody, un detective che davanti a un caso senza indizi o moventi apparenti deve frugare nel nulla o nel “vento del Texas” affidandosi più all’intuito che all’intelligenza. E’ un detective abbastanza originale perché pur essendo coinvolto notte e giorno nelle ricerche di Mandy non trascura la sua vita privata che si divide nella fattispecie tra la passione per i tratti pittorici di Frederic Remington e la crescente love story che s’insinua parallela al principale flusso noir del romanzo. Sarà anche per questo che Cody è un investigatore che si ritrova nel cuore dell’azione senza volerlo: il più delle volte collega soltanto piccoli punti, mette sul piatto un sacco di domande, si segna nomi e passaggi e anche se riesce a vedere e a sentire nello spazio tra bianco e nero, sembra assistere agli eventi come un testimone qualsiasi e inconsapevole deus ex machina. Almeno fino al decisivo showdown, quando il quadro è completo e pronto a staccarsi dalla cornice. Alla storia manca solo un dettaglio, visto che, private eye innamorato a parte, i protagonisti sono tre musicisti: non si capisce qual è il loro repertorio. Essendo pure texani (quindi con un’ampia, a dir poco, possibilità di scelta) il particolare sarebbe stato molto a utile (tanto a Cody quanto a noi lettori).
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