È difficile invecchiare, anche per un duro come Dave Robicheaux, il personaggio di tanti romanzi di James Lee Burke che in Ti ricordi di Ira Durbin? è più crepuscolare e contradditorio che mai. È solo con il suo gatto e il suo procione e si sposa una suora. Dovrebbe avere l’età per andare in pensione, ma attira più guai di un parafulmine in una tempesta del Golfo. Sostiene che il passato è alle spalle (“Ho imparato per esperienza personale che l’età non porta molti doni, ma uno di questi è la consapevolezza che il passato è passato”) e, giusto per completare l’opera, va a riesumare la storia di Ira Durbin, una ragazza di cui si era perdutamente innamorato il fratellastro, Jimmie. Il flashback riporta tutti all’ultimo scorcio degli anni Cinquanta, “la fine di un’epoca che, credo, gli storici potrebbero considerare l’ultimo decennio dell’innocenza americana”, come scrive nell’incipit.
Dave e Jimmie sono a mollo nell’oceano e non si accorgono della tempesta e degli squali in arrivo. Una bellissima ragazza li avvicina con un’imbarcazione di fortuna e li aiuta a raggiungere alla riva. Colpo di fulmine, e dato che nei romanzi di James Lee Burke tutti vivono due o tre vite contemporaneamente, si scopre che Ira Durbin suona il mandolino (in verità avrebbe sempre desiderato una chitarra, una Martin, per la precisione, ma questa è un’altra storia) e canta straordinariamente bene, ma è anche una prostituta. L’innamoratissimo Jimmie farebbe qualsiasi cosa per lei. Le paga persino delle incisioni delle sue canzoni e le spedisce alla Sun Records, a Memphis perché “è lì che hanno cominciato Johnny Cash e Elvis Presley. Anche Jerry Lee Lewis”. La love story finisce subito in rissa perché una prostituta è un investimento redditizio e a lungo termine e due sbarbati non hanno molte possibilità di cambiare le regole del gioco e della strada. Ida Durbin sparisce nel nulla, ma ci sarà sempre il suo nome al centro di un vortice promiscuo e ambiguo in cui si intersecano gli efferati omicidi di un serial killer, i contorti legami famigliari di una casta che crede di vivere ancora gli ultimi giorni della guerra di secessione, l’intreccio sordido tra politica, informazione e inconfessabili business criminali che rende irrespirabile l’aria del bayou, di New Orleans, della Louisiana e dell’America tutta. Dave Robicheaux, per quanto confuso e disordinato (nonché seguendo le convinzioni sbagliate, le sue) se ne va contro i mulini a vento con un moralità scricchiolante, viene preso a legnate, non fa mai quello che pensa e pensa troppo a quello che ha già fatto (dei bei disastri, solitamente) ma in fondo, se proprio non aveva visto giusto fin dall’inizio, almeno è l’unico ad avere una visione d’insieme.
Niente di nuovo, si dirà: il paesaggio e i personaggi (compreso il folle socio di Dave Robicheaux, Clete Purcel, che arriva in scena con la forza di un ciclone tropicale) non sono cambiati, ma va bene così. James Lee Burke è come il tabasco: è sempre lo stesso, ma è bello saporito e in Ti ricordi di Ira Durbin? è anche molto ispirato perché, per citare una delle letture preferite di Dave Robicheaux (Sant’Agostino) “il presente del passato è la memoria, il presente del presente è l’intuito, il presente del futuro è l’aspettazione”, e tutto quello che succede in quel particolarissimo angolo d’America attorno al Delta e davanti all’Africa è sempre un viaggio nel tempo.
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